Città natale di Albino Pierro, due volte candidato al Nobel per la letteratura Tursi sorge su una collina di formazione arenaria fra i fiumi Agri e Sinni. Pierro nei suoi versi in dialetto tursitano ne ha più volte decantato la millenaria bellezza. Per eternare la memoria del poeta è stato creato il Parco letterario Albino Pierro gestito dal Centro Studi Albino Pierro, dal parco si gode una suggestiva vista sui calanchi verso il santuario di Santa Maria D’Anglona. All’interno del Parco, il Museo della Poesia Pierriana comprende una mostra permanente di dipinti di artisti lucani come Nino Tricarico e Antonio Masini, i quali si sono ispirati alle poesie dell’illustre poeta tursitano.

L’antico borgo è circondato da dirupi, le “jaramme” come le definiva lo stesso Pierro. La Rabatana è uno splendido groviglio di case costruite con pietre e laterizi, tutt’intorno il paesaggio è dominato da blocchi di origine argillosa, noti come Calanchi dalle forme bizzarre e suggestive.

Dal passato glorioso, Tursi in origine era denominata Pandosia, fondata dagli Enotri prima del 1000 a.C.

A partire dall’VIII secolo a.C., infatti, sulla costa ionica i Greci fondano le città di Siris, Heraclea – oggi Policoro -, Metaponto e Pandosia, quest’ultima distrutta tra l’81 a.C. e il 72 a.C. ad opera del generale romano Lucio Cornelio Silla. Dalle rovine di Pandosia, poco prima dell’era cristiana, nasce Anglona, da cui prende il nome il prezioso Santuario che sorge a pochi chilometri da Tursi.

Nel 410 Anglona subisce la distruzione da parte dei Visigoti di Alarico I che, per controllare il territorio circostante, costruiscono un castello su una collina a metà strada tra i fiumi Agri e Sinni, presso il quale si rifugiarono gli abitanti sopravvissuti di Anglona.

Sorge così la Rabatana, primo borgo popolato di Tursi, il cui nome, però, si deve ai Saraceni, che nel IX secolo conquistano gran parte della pianura metapontina, fino alla Rabatana appunto. Successivamente divenne meta degli arabi, celebre è il quartiere della Rabatana, da rabat che sta per borgo fortificato, infatti il quartiere si caratterizza per essere di difficile accessibilità come tutti i quartieri di origine araba, fatto di vicoli scoscesi, gradinate tortuose che conducono a profondi precipizi, che il poeta Pierro chiamava Jaramme, e un groviglio di case realizzate in pietre e laterizi. Le tracce della dominazione araba sono ancora evidenti nelle costruzioni, nelle tradizioni e nella cultura. Nell’890 è la volta dei Bizantini che denominano l’intero centro Tursikon, in onore del fondatore Turcico. Si succedono poi Normanni, Svevi e Angioini, contribuendo alla crescita della città.

Dalla definitiva distruzione di Anglona, viene salvato solo il santuario e nel 1400 i cittadini si rifugiarono a Tursi, con la successiva fusione delle due diocesi. È Andrea Doria (1552) a ricevere da Carlo V il ducato di Tursi, scomparso nel 1769 con la conseguente acquisizione dei terreni da parte delle famiglie Donnaperna, Picolla, Panevino, Camerino, Brancalasso.

Non c’è angolo di Tursi che non meriti di essere scoperto, nutrendo la curiosità del visitatore che non smette di lasciarsi sorprendere.

Dalle architetture che portano ancora impressi i segni della dominazione araba, nell’antico borgo della Rabatana, al castello gotico risalente al V secolo, fino al Parco Letterario dedicato ad Albino Pierro e ambientato proprio nella casa del poeta più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura, e poi, ancora lo splendido santuario di Anglona, a pochi chilometri da Tursi, fino ai palazzi storici e alle altre chiese. Tutto questo costituisce il patrimonio di inestimabile valore della “città di Pierro”.

IL CASTELLO GOTICO

I suoi resti sono visibili in Piazza Maria Santissima di Anglona e recenti scavi hanno portato alla luce reperti importanti.

Scheletri, tombe, monete, frammenti di anfore e palle ogivali di piombo con su le scritte EYHfIDA (greca) e APNIA (latina), sono il frutto di una recente campagna di scavo condotta proprio nell’area su cui insiste ciò che resta del maniero gotico che, in base ad alcune documentazioni del cinquecento, pare sia stato abitato fino al XVI secolo. Un’antica tradizione vuol far credere che esistesse un cunicolo comunicante tra la chiesa di Santa Maria Maggiore, nel rione Rabatana, e il castello con la funzione di consentire ai signori del tempo di raggiungere, indisturbati, il luogo sacro. Dimora di numerosi signori, principi e marchesi, durante i periodi di guerra il maniero ha rappresentato, però, una vera e propria fortezza.

LA RABATANA

Con i suoi burroni profondi e inaccessibili, è sicuramente uno dei punti di maggiore attrazione della cosiddetta “città di Pierro”.

“Ma io voglio bene alla Rabatana/perché c’è morta la mamma mia:/la portarono bianca sopra la sedia/con me nelle fasce come una Madonna/col Bambinello in braccio./Chi lo sa il tempo che è passato…/ e non ritorna ancora al palazzo”. Sono alcuni versi tratti da “’A Ravatène” (“La Rabatana”) di Albino Pierro, il poeta dialettale originario di Tursi e più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura, che nelle sue opere ha tratto spesso ispirazione dall’antico quartiere, come quando parla delle ‘jaramme’ i precipizi che circondano la Rabatana.

Il suo nome il quartiere lo deve agli arabi, dominatori che hanno impresso molti aspetti della loro cultura, del loro dialetto e delle loro tradizioni in questi splendidi luoghi. Rabatana, infatti, deriva da Rabat o Rabhàdi o Arabum, “tana”. Percorrendola si possono calcare le stradine dei ruderi del nucleo primordiale e visitare addirittura i resti delle umili abitazioni di un tempo. Il rione è raggiungibile attraverso una gradinata ampia e ripida, che si estende sui burroni, in dialetto detta “petrizze”, come racconta, ancora, Albino Pierro, ne “’A Ravatène” (“La Rabatana”): “Cchi ci arrivè a la Ravatèna si nghiànete ‘a pitrizza ca pàrete na schèa appuntillèta a na timpa sciullèta” (“Per arrivarci alla Rabatana si sale un pietrame che sembra una scala puntellata su una parete in crollo”).

IL PARCO LETTERARIO “ALBINO PIERRO” E LA CASA MUSEO

Ambientato nella casa natale di Albino Pierro, il Parco è dedicato al poeta più volte candidato al Premio Nobel per la Letteratura.

La Casa Museo “Albino Pierro” era l’antico palazzo della famiglia Pierro e si trova nel centro storico di Tursi, nel rione San Filippo, sopra piazza Plebiscito. La struttura è su più livelli: da via Giuseppe Garibaldi si accede al Museo della Poesia Pierriana mentre da Corso Umberto I si accede alla Pinacoteca e alla Casa Museo, che è anche la sede del Centro Studi.

“Come debbo fare. Madonna mia, / come debbo fare? / Ho lasciato il paese / che mi dava il respiro del cielo, / ed ora, in questa città, / mi sbattono sul muso solo i muri, / mi infestano le cose e tante grida, / come un vermicaio”. Nella poesia “Le porte scritte nfàcce” (“Lo porto scritto in faccia”) Albino Pierro suggella quel forte legame con la sua terra cui lo stesso paese di Tursi ha saputo rendere merito dedicandogli il Parco Letterario.

Gestito dal Centro Studi Albino Pierro, dal Parco si gode una suggestiva vista sui calanchi verso il santuario di Santa Maria D’Anglona, mentre in alto domina la Rabatana, l’antico borgo di Tursi circondato da burroni, le “jaramme” cantate dal poeta, le quali, insieme alle case costruite con pietre e laterizi, eredità dei Saraceni, fanno della città un incredibile esempio di architettura spontanea. All’interno del Parco, il Museo della Poesia Pierriana comprende una mostra permanente di dipinti di artisti lucani come Nino Tricarico e Antonio Masini, i quali si sono ispirati alle poesie dell’illustre poeta tursitano.

Trae ispirazione dalla tradizione contadina la cucina tursitana proponendo stuzzicanti varianti.

Molto diffusi sono il cosiddetto “cotto di fichi”, una deliziosa composta da utilizzare in ricette diverse, e “i gileppi” con le arance “stacce”, una squisita marmellata di bucce di arancia realizzata con questa tipologia di agrume, dalla forma singolare perché appiattita e dal gusto amarognolo ma gradevole, coltivata proprio nelle valli dei fiumi Agri e Sinni. Prodotto locale è poi il fungo cardoncello, cucinato, in questa zona, in svariati modi o mangiato anche crudo con ricotta dura, limoni e l’olio d’oliva delle Murge materane.

Tra le ricette tradizionali spiccano: cardi al cacio e uova, legati alla ricorrenza del Lunedì dell’Angelo, “i pirc’dduzz”, pasta di casa a tocchetti condita con il vino cotto, i fusilli con la mollica di pane fritto e la capriata, un minestrone composto da una varietà di legumi e patate. Da non dimenticare la pasta casereccia e il pane cotto nel forno a legna proposto in diverse forme: “a pitta”, una specie di ruota piana, e “u piccillète”, una sorta di ciambellone bianco, tra le focacce troviamo anche “a caccallèt” che può essere dolce, con l’uva sultanina, o salata. Non manca del buon vino come il Matera DOC.

Nelle immediate vicinanze di Tursi si trova uno dei pochi boschi planiziali relitti italiani, che si affaccia sul mar Ionio e si estende tra dune e bosco, testimonianza di antiche foreste: la Riserva Naturale del Bosco Pantano di Policoro.

Sottoposta a tutela e protezione dalla fine degli anni ’90, nei suoi 1200 ettari di estensione la Riserva include fiumi, stagni e dune bagnate dal mare, ospita esemplari di Tartaruga marina “Caretta caretta”, una tra le specie di interesse comunitario dell’area, ed è attraversata da un’area forestale ricoperta, tra gli altri, di frassini e ontani neri. Popolata anche da interessanti specie faunistiche come il tasso, la donnola, la faina e il capriolo, oltre a gheppi, gufi e poiane, la Riserva comprende anche aree agricole a ridosso del bosco e una vasta estensione della pineta che costeggia la spiaggia, aspetto questo che le conferisce un suggestivo carattere naturalistico.

Designata Sito di Importanza Comunitaria (SIC), è anche Zona di protezione speciale (ZPS), per la conservazione di numerose specie di uccelli selvatici. Fa parte della Riserva Regionale Bosco Pantano di Policoro l’Oasi WWF Policoro Herakleia, area che suscita particolare interesse per lo studio, l’osservazione e la didattica della fauna e dell’ecosistema che insiste all’interno del bosco. Si tratta di un ambiente tipicamente marino e comprende l’ultimo residuo di foresta igrofila, distante di poco dalla costa ionica. Significativa è la presenza di acquitrinose e sabbiose aree boschive di macchia mediterranea individuabili nella zona più a sud della Riserva.

L’Oasi comprende anche il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) Provinciale di Policoro – una struttura veterinaria dotata di un ambulatorio per la cura di animali selvatici feriti o in difficoltà – e il Centro di Educazione Ambientale “Polieion”,  all’interno della Riserva Regionale Bosco Pantano di Policoro, che realizza programmi didattici mirati alla formazione dei ragazzi.

La comunità tursitana è custode di un prezioso patrimonio religioso che si compone di architetture sacre dislocate nei diversi quartieri della città.

Nel centro storico si distingue l’imponente costruzione della Cattedrale dell’Annunziata (XV sec.), mentre nell’omonimo rione sorge la chiesa di San Filippo Neri (1661). Nello storico Rione arabo della Rabatana si può ammirare la chiesa di Santa Maria Maggiore (IX – X sec.), mentre fuori dal centro abitato, a pochi chilometri da Tursi, svetta maestoso il Santuario di Santa Maria D’Anglona, monumentale nazionale dal 1931. Interessante è poi il quattrocentesco Convento dei Capuccini (1568) con annessa chiesa.

LA CHIESA DI SANTA MARIA MAGGIORE

Prezioso scrigno di numerose opere d’arte la chiesa situata nel rione Rabatana risale al IX – X secolo ad opera dei monaci basiliani.

Alla chiesa di Santa Maria Maggiore in Rabatana si accede attraverso uno splendido portale quattrocentesco rinascimentale. A tre navate, presenta un soffitto ligneo a cassettoni decorato con eleganti stucchi, mentre le navate laterali ospitano una serie di cappelle arredate con altari sempre in stucco.  Tra gli elementi sacri si distinguono un’acquasantiera cinquecentesca in pietra lavorata e un crocifisso in legno del XVI secolo. A spiccare però in fondo alla navata laterale è un bellissimo trittico del periodo tardo-medievale probabilmente di scuola giottesca, raffigurante la Vergine in trono col Bambino tra due angeli e scene della vita di Gesù.

Interessante è anche la cripta (VII-VIII sec.) che consiste in due vani noti come Cappella De Giorgiis, in uno è visibile il suggestivo presepe in pietra (XVI sec.) di Altobello Persio da Montescaglioso, nell’altro belli sono gli affreschi rinascimentali raffiguranti storie di santi e con iscrizioni in latino e attribuiti all’artista lucano Giovanni Todisco.

LA CHIESA CATTEDRALE DELL’ANNUNZIATA

L’imponente struttura si impone allo sguardo del visitatore al centro del paese, in Piazza Maria Santissima di Anglona.

Eretta nel XV secolo, la chiesa cattedrale dell’Annunziata ha perso il suo stile originario in seguito ad uno spaventoso incendio (1988) che devastò totalmente l’intero edificio. Per questa ragione ha subito diverse modifiche, fino ad essere poi totalmente ricostruita negli anni Ottanta. All’interno la struttura presenta una pianta a croce latina a tre navate con tre porte d’ingresso nella facciata principale e una serie di altari in marmo. Lungo la navata centrale si può notare un soffitto in legno a cassettoni.

Prima dell’incendio in quello stesso punto si poteva ammirare uno splendido ed enorme dipinto raffigurante l’Annunciazione, mentre in posizione centrale rispetto ai due soffitti dei cappelloni erano visibili due dipinti raffiguranti l’Incoronazione della Vergine e la sua Assunzione in cielo. Oggi, ai lati dell’altare maggiore sono ancora presenti due grandi tele databili alla metà del Settecento, mentre altri elementi sacri sono stati messi in salvo dall’incendio, come un crocifisso ligneo (XVI sec.), sei confessionali (XIX sec), e un fonte battesimale (seconda metà del Cinquecento).

LA CHIESA DI SAN FILIPPO NERI

Lo stile barocco è evidente già nella facciata della chiesa (1661) dedicata al santo Patrono della città di Tursi, celebrato ogni anno il 26 maggio.

Sorge in piazza Plebiscito, proprio nel rione San Filippo. Con struttura a tre navate anche al suo interno sono evidenti tratti tipici dello stile barocco. La chiesa di San Filippo Neri custodisce pregevoli opere, come un quadro raffigurante il santo, attributo all’artista tursitano Francesco Oliva, e vari altari in marmo. Allo stesso San Filippo Neri è dedicato anche l’Oratorio annesso alla chiesa, si tratta di una imponente struttura, realizzata nella metà del Seicento che si sviluppa intorno a un ampio chiostro con cisterna.

SANTUARIO DI MARIA SANTISSIMA DI ANGLONA

Monumento nazionale dal 1931 questo splendido tesoro sacro sorge al di fuori del centro abitato di Tursi, esattamente a est di esso, e dista circa undici chilometri dal paese.

Molto affascinante è il portale di matrice romanica che introduce all’interno della chiesa (XI-XII), sormontato da un arco in tufo al di sopra del quale si possono ammirare bassorilievi raffiguranti l’Agnello e i quattro simboli degli Evangelisti, mentre ai lati si distinguono gli apostoli Pietro e Paolo. All’interno la chiesa è a croce latina divisa in tre navate da pilastri che sorreggono, a destra, archi a tutto sesto, a sinistra, a sesto acuto. Pregevoli sono i dipinti che decorano le pareti interne rimandando ad episodi del Vecchio e del Nuovo Testamento, mentre sui pilastri sono raffigurati alcuni santi. La navata centrale, invece, è abbellita dall’intero ciclo della Genesi, databili all’XI secolo, mentre sui pilastri sono riconoscibili alcune figure di santi che rimandano al XV secolo.

Il pellegrinaggio in onore di Santa Maria di Anglona è uno dei riti mariani più sentiti dal popolo lucano.

Nella splendida cornice della Riserva Naturale del Bosco Pantano di Policoro si possono praticare numerose attività all’aria aperta, particolarmente indicate per le scuole e le famiglie.

Passeggiate a cavallo anche sul mare, percorsi di apprendimento, educazione e formazione, cavalcata ad ostacoli, trekking e mountain bike, ma anche programmi didattici mirati alla formazione degli studenti delle scuole. Ecco alcune delle attività praticabili all’interno dell’Oasi WWF Policoro-Herakleia che fa parte della Riserva Naturale del Bosco Pantano di Policoro. Un centro ippico attrezzato, il Centro di Educazione Ambientale (CEA), e il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) Provinciale di Policoro consentono al singolo o al gruppo, come ragazzi accompagnati da educatori o dalle loro famiglie, di prendere parte a laboratori didattici di elevato spessore naturalistico e ambientale a diretto contatto con le specie e le biodiversità che interessano l’area.

Supportati da validi archeologi, si può così percorrere la storia millenaria del territorio lucano, dall’antica città greca di Eraclea alla Basilica di Anglona, nel territorio di Tursi, città di Albino Pierro, da Matera, città dei “Sassi” e Capitale Europea della Cultura per il 2019, al suggestivo Parco Nazionale del Pollino. Sfruttando la varietà di questo splendido scenario si può vivere anche l’emozionante esperienza del “whale watching”, l’attività di osservazione dei cetacei nel loro ambiente naturale, ma anche delle tartarughe marine, come la “Caretta caretta”, specie di interesse comunitario dell’area.