Craco per chi lo osserva in lontananza si presenta come una scultura di origini medioevali circondata dai “Calanchi”.
Lo splendido “paese fantasma” nella provincia di Matera, è oggi una delle mete imperdibili della terra lucana, per suggestività e bellezza, è stato distrutto nel 1963 da una frana che ha costretto la popolazione locale ad abbandonare il borgo per rifugiarsi nel nuovo comune di Craco Peschiera.
Del vecchio paese restano le case in pietra aggrappate alla roccia e tra di esse si distingue la torre normanna in posizione dominante rispetto all’antico borgo. Dentro Craco vecchia, sembra di sentire ancora le voci della gente che lo ha abitato, i rintocchi delle campane delle chiese che lo hanno animato e che, a guardarle, distrutte e oltraggiate dalla frana, hanno comunque mantenuto intatta la loro storia.
La prima testimonianza relativa al nome del paese risale al 1060 come “Graculum”, “piccolo campo arato”.
Le prime tracce umane nel territorio di Craco sono state rinvenute in località Sant’Angelo per la presenza di tombe risalenti all’VIII a.C., mentre nel X secolo diviene insediamento di monaci italo-bizantini. La struttura del borgo antico, le cui case sono arroccate intorno al torrione quadrato che domina il centro, risale al periodo compreso tra il 1154 e il 1168, mentre durante il regno di Federico II, Craco si distingue come importante centro strategico militare.
Nel 1276 il paese è anche sede universitaria come si evince da alcuni resti di architetture di pregio. Il fenomeno del brigantaggio interessa anche il piccolo paese del materano, e nel corso del decennio napoleonico, le bande attaccano Craco (1807), depredando e uccidendo, l’operazione si ripete anche nel 1861 ad opera dell’armata brigantesca di Carmine Crocco e José Borjés. Non è leggenda la fucilazione di un gruppo di briganti di fronte al campanile della chiesa Madre nel corso delle rivolte post-unitarie.
A fare la storia del paese è però la rovinosa frana del 1963 che costrinse la popolazione ad abbandonare le proprie case per trasferirsi a valle, in località “Craco Peschiera”. In realtà, già a partire dal 1910 si è fatta sempre più concreta la minaccia di una catastrofe proprio per la posizione del paese, “su una collina di sabbie plioceniche sovrastanti alle argille, incise da burroni in continuo progresso”. Gli eventi hanno fatto il resto.
Nonostante l’abbandono di Craco vecchia da parte della sua popolazione, fuggita a seguito della frana del 1963, il paese “fantasma” ancora “racconta” il suo passato a quanti gli fanno visita….
A guardarlo dall’esterno, man mano che ci si avvicina, Craco si lascia ammirare in tutta la sua bellezza. Una volta varcato l’enorme cancello che protegge il paese, lungo un viale in pietra ha inizio il percorso verso Craco vecchia. Oggi è possibile seguire un percorso di visita guidata, lungo un itinerario messo in sicurezza, i visitatori vengono muniti di caschetto perché alcune architetture continuano a cedere, che consente di percorrere il corso principale del paese, fino a raggiungere quello che resta della vecchia piazza principale e addentrarsi nel nucleo della città fantasma. Dei palazzi nobiliari attorno a cui la città si espandeva nel XV secolo, una volta nei pressi della chiesa madre, si fa subito notare palazzo Grossi, con i suoi affreschi a motivi floreali.
Ci si imbatte poi nel palazzo Carbone, edificio della fine del quattrocento, con un ingresso monumentale. Nel Settecento, il palazzo fu rinnovato ed ampliato. Proprio accanto a quello che un tempo era Palazzo Maronna svetta il torrione (XIII sec.) che domina il paese e che la gente del posto chiama “castello”, di cui si conservano ancora l’originale portale d’ingresso e la torre con splendide finestre. Affacciati ad una finestra del bastione si possono ammirare sconfinate praterie e i famosi calanchi, profondi solchi scavati in un terreno argilloso che contribuiscono a conferire al paese un fascino unico, tanto che per la sua bellezza Craco rientra nella lista del World Monuments Funds.
Su prenotazione è possibile seguire un percorso di visita guidata, lungo un itinerario messo in sicurezza del Parco Museale Scenografico di Craco.
La cucina diffusa a Craco rispecchia il carattere agricolo del territorio, mentre le colture più praticate sono quelle cerealicole e le piantagioni di ulivo.
Tra i piatti tradizionali si possono gustare quelli a base di pasta preparata a mano come le tagliatelle caserecce con la mollica, gli strascinati al ragù, le orecchiette con le cime di rapa o, ancora, i cavatelli con la cicerchia. Molto apprezzati sono anche i cardi cacio e uova e, tra i dolci, sono particolarmente appetibili le cartellate e i calzoncelli.
Craco svetta sulla roccia, a metà strada tra l’Appennino Lucano e il Mar Ionio, tra i monti e il mare, tra colline costeggiate da imponenti e “fragili” calanchi.
Circondato dai profondi solchi scavati nel terreno cretoso dalla discesa a valle delle acque piovane, il paese “fantasma” troneggia sulla collina più alta e appare all’improvviso, prima lontano, poi più vicino, dopo una serie di curve che contribuiscono a rendere inedito il paesaggio in cui sembra essere stato adagiato dall’alto.
Così la distesa variegata di campi e avvallamenti e la fitta vegetazione si interrompono cedendo il passo alle rocce, che con la luce del sole assumono nuances dorate. Chi raggiunge Craco, dunque, si ritrova calato in un territorio variegato, immerso in un’atmosfera surreale, circondato da un paesaggio lunare.
Oltre alla visita guidata a quello che resta di Craco vecchia, vale la pena completare il tour ammirando il ricco patrimonio sacro che il paese custodisce.
Il convento francescano con annessa chiesa di San Pietro Principe degli Apostoli sono stati costruiti intorno al 1630 e fuori dalla cinta urbana. Della chiesa è rimasta in piedi solo la zona absidale. La chiesa madre dedicata a San Nicola vescovo presenta un ingresso monumentale, maestoso è anche il campanile, realizzato su tre ordini e coperto da una cupola estradossata a sua volta sormontata da maioliche e da un campanile a vela.
A nord di Craco vecchia sorge la chiesa della Madonna della Stella (prima metà del XVII sec.). Oggi si può ancora notare l’altare maggiore, in marmo intagliato intarsiato (1909), mentre tra la navata e il presbiterio si trova una cancellata in ferro battuto. La facciata principale esterna presenta una porta in legno intagliato (metà XIX sec.).
A seguito dei fenomeni franosi la cappella è stata ridotta, ma in origine occupava tutto il piazzale antistante. Sulla Strada Statale 103, in direzione Stigliano, in fondo al viadotto Bruscata, si possono ammirare i resti della chiesetta di Sant’Eligio, che conserva ancora parte di un grande e pregevole affresco raffigurante la Crocifissione con Santi del ‘500.
Un po’ la conformazione del suo territorio, brullo, così simile alle ambientazioni da film western, un po’ la sua bellezza scenografica hanno fatto di Craco vecchia un set a cielo aperto ambito soprattutto dal grande schermo.
Numerosi ciak sono stati “battuti” a Craco, a partire dalla fine degli anni ’70 del secolo scorso. Registi di fama nazionale e internazionale hanno infatti saputo cogliere la suggestività e l’autenticità del suo paesaggio, al punto che registi di fama nazionale e internazionale hanno girato tra le sue rovine i propri film.
La prima pellicola girata a Craco è stata Cristo si è fermato ad Eboli (1978) di Francesco Rosi, seguita poi da King David (1985) di Bruce Beresford, Il sole di Notte (1990) dei fratelli Taviani, da Ninfa Plebea (1996) di Lina Wertmüller e da La Lupa (1996) di Gabriele Lavia. Sarà poi la volta di Terra Bruciata (1999) di Fabio Segatori e fino a The Passion (2004) di Mel Gibson, che proprio qui ha girato la scena dell’impiccagione di Giuda.
Craco si raggiunge percorrendo una serie di tornanti che offrono una vista mozzafiato sullo scenario lunare offerto dai calanchi.
Questo viaggio può assumere un carattere ancor più entusiasmante se si sceglie di affrontarlo in bicicletta, accarezzando le curve che fiancheggiano distese di campi e avvallamenti, fino all’ultimo dosso che svela la bellezza senza tempo del paese della provincia materana.
I suggestivi calanchi possono essere esplorati anche mediante percorsi di trekking, ciò ad esempio può portare alla scoperta del vicino borgo di Pisticci. Un modo per entrare nell’anima e nella storia del paese, scoprendone direttamente i suoi bellissimi scorci e vicoli interni dal forte valore architettonico e paesaggistico che raggiunge il culmine nello splendido paesaggio circostante dei calanchi e delle colline lucane, fino a raggiungere con lo sguardo il Mar jonio.