Maschito è uno dei paesi arbëreshë della Basilicata, insieme a Barile e Ginestra, nell’area nel Vulture Alto Bradano, e a San Costantino Albanese e San Paolo Albanese, entrambi nel Parco del Pollino.
Una delle caratteristiche di questo splendido paesino è proprio l’utilizzo della lingua albanese che domina nel parlato quotidiano, nei detti, nei proverbi e nelle filastrocche, un tratto distintivo anche dei più piccoli.
Il ricordo dell’ondata di popoli albanesi avvenuta a Maschito nel XV secolo predomina nelle tradizioni e in alcuni eventi di punta del paese come accade in occasione della “Retnes”, una rievocazione storica degli scontri tra le principali etnie fondatrici di Maschito: i Greci Coronei e gli Albanesi-Scuterini.
Skanderberg è un nome ricorrente nelle piazze e nei monumenti di Maschito, come una delle principali fontane che si possono ammirare in paese. In epoca romana fortezza militare, poi distrutta da un terremoto, il borgo sorge nel 1467 sotto Ferdinando D’Aragona, il quale ottenne il sostegno dell’eroe nazionale albanese Giorgio Castriota Skanderbeg che gli inviò truppe per combattere gli angioini.
Il paese subisce diverse emigrazioni da parte dei popoli albanesi arrivati in Basilicata, cui si aggiungono coloni greci-albanesi provenienti da Corone.
Nei primi due secoli, viene osservato il rito greco-ortodosso, seguito poi da quello latino.
Tra gli stretti e attraenti vicoletti di Maschito si scoprono gli angoli più suggestivi del paese arbëreshë, nel quale palazzi storici e fontane Maschito sono patrimonio di interesse storico e artistico.
In pietra bianca, si può ammirare la fontana monumentale dedicata all’eroe albanese Giorgio Castriota Skanderbeg, costruita nel 1879, come testimonia anche la lapide ricostruita dal Comune. Quanto agli edifici, databili tra la fine del ‘700 e la prima metà del ‘900, si distinguono Palazzo Manes-Rossi, Palazzo Adduca, Palazzo Giura e Palazzo Cariati, dal portale classicheggiante a colonne doriche, e poi ancora Palazzo Dinella, Palazzo De Martinis, Palazzo Tufarolo, Palazzo Nardozza, Casa Scranna.
A Maschito non si resta indifferenti al profumo e alla fragranza dei prodotti da forno, dall’ottimo pane, ai taralli e biscotti preparati secondo un metodo di lavorazione tradizionale tramandato di generazioni.
Originali e squisiti sono poi i piatti tipici della cultura albanese come le “tumaz ma druda”, tagliatelle con mollica e noci, preparate soprattutto il giorno della domenica delle Palme, e poi le “laganelle” con latte, zucchero e cannella, tipiche del giorno dell’Ascensione, e ancora le “rictell cu lu gallucc ripieno”, orecchiette al ragù di gallo con ripieno di frattaglie, mollica di pane e zucchero, preparate il giorno di Santa Elia, festa patronale.
Sono ottimi anche i “Cauciungiëll cu la ricotta”, ravioli con la ricotta. Da non perdere sono i secondi piatti, come il “senapiello”, verdura fritta con sgombro, preparato il giorno della vigilia di Natale, e i “Khmigl”, lumachine con sughetto di pomodoro e origano. Prelibati i dolci come i “cuscini” di marmellata e castagne e la crostata di sanguinaccio.
Davvero pregiata è anche la produzione di Aglianico del Vulture Doc.
Il territorio di Maschito non tradisce la devozione dell’area del Vulture a produrre pregiato vino Aglianico Doc, infatti è prevalente la coltivazione di vite, ma anche ulivo e grano.
Intorno si possono individuare radi boschi e udire lo scorrere di piccoli ruscelli a carattere torrentizio.
Come gli altri comuni dell’area del Vulture Alto Bradano anche quello di Maschito è circondato da paesaggi inviolati in cui predominano cultura e storia.
Le chiese di Maschito presentano architetture pregevoli, che rimandano alle ondate migratorie degli albanesi, e custodiscono opere d’arte degne di nota.
La chiesa del Caroseno, costruita dai Greci Albanesi di Corone, preserva un pregevolissimo affresco della Madonna col Bambino (1558) venuto alla luce durante alcuni lavori di restauro della chiesa (1930).
La chiesa madre di Sant’Elia, Patrono di Maschito, a navata unica e decorata in stucco, è stata costruita nel 1698 dagli albanesi e contiene due tele ad olio del ‘500, oltre al quadro della “Madonna dei sette veli”, venerato dalla popolazione perché ritenuto miracoloso. La chiesa è impreziosita anche da decorazioni e pitture a stucco di Domenico Pennino e due grandi quadri attribuiti a Giovanni Battista Caracciolo di Napoli (1570-1637).
Meritevole di essere visitata è poi la chiesa del Purgatorio o della Madonna del Rosario che conserva un quadro della Madonna di Costantinopoli proveniente dall’omonima cappella andata in rovina. Ignota è la data di costruzione della chiesa dedicata alla Vergine Santissima del Rosario di Pompei, secondo alcune fonti risalente ai primi anni della fondazione di Maschito.