Come una sentinella Ripacandida scruta dal colle roccioso su cui sorge lo splendido paesaggio dominato dal Monte Vulture, vulcano spento che dà il nome ad una delle aree più suggestive della Basilicata.

Mentre si percorrono le stradine del paesino abbarbicato su una “bianca rupe”, da qui probabilmente il nome Ripacandida, si può ammirare il centro storico ricco di testimonianze medievali, edifici signorili, palazzi con stemmi gentilizi, decorazioni di epoca normanna senza mai perdere di vista il panorama mozzafiato in cui si distinguono il Monte Vulture e la Valle di Vitalba. Nota anche come città del vino, dell’olio e del miele il piccolo borgo di Ripacandida è definito anche “piccola Assisi” della Basilicata per i pregevoli affreschi di scuola giottesca che decorano le pareti dello splendido santuario di impianto francescano dedicato a San Donato Vescovo, Patrono della cittadina. Ammirandoli, si ha la sensazione di sfogliare una vera e propria “Bibbia illustrata”.

Diverse congetture ruotano attorno alla fondazione di Ripacandida che, secondo alcune indagini archeologiche, risalirebbe al VII secolo a.C.

Le origini del piccolo borgo del Vulture Melfese in un certo senso sono scolpite anche nel suo nome sottoposto a diverse interpretazioni. Secondo la tradizione orale Ripacandida viene edificata dai romani con il nome di “Candida Latinorum”, riferendosi ai resti di un acquedotto romano, mentre per alcuni studiosi il nome rimanda al colore bianco del colle su cui sorge. L’attuale abitato, da cui si gode una splendida vista sul Monte Vulture, risale al tempo delle invasioni gotiche, quando gli abitanti dalla valle si trasferiscono sulla “bianca rupe”, dove costruiscono le loro abitazioni.

Segue la fortificazione del paese, con mura inframmezzate da torri, da parte dei Longobardi. Nella storia di Ripacandida si succedono diversi feudatari, dai Caracciolo ai Grimaldi di Monaco, fino ai Boccapianola, ai Tironi, al duca Mazzacara (1806). La cittadina lucana partecipa anche (5 ottobre 1571) alla vittoriosa battaglia di Lepanto e tra i cittadini che vi prendono parte si distingue Gian Lorenzo Lioy. Nell’aprile del 1861, Ripacandida si schiera con i briganti guidati da Carmine Crocco, nato a Ronero in Vulture, altro comune della provincia di Potenza compreso nell’area del Vulture. Ha origini di Ripacandida William Donato Phillips, classe ’48 e premio Nobel per la fisica nel 1997.
Lo ricorda egli stesso: “Mia madre, Mary Catherine Savino, è nata in un villaggio dell’Italia meridionale, Ripacandida. Tra i suoi ricordi ha sempre conservato “le passeggiate tra i vigneti del nonno su di un carro trainato da cavalli”.

Ad attrarre visitatori a Ripacandida è certamente il suggestivo santuario di San Donato, per i suoi splendidi affreschi giotteschi, ma una volta qui vale la pena inoltrarsi fino al centro storico della città del Vulture.

Palazzi baronali settecenteschi e ottocenteschi, in contrasto con le piccole e bianche case attraversano il borgo antico dove si distingue l’antica dimora gentilizia di Palazzo Baffari-Rossi, un tempo Convento delle Clarisse, che oggi oltre al Municipio, al piano inferiore, ospita anche la Galleria Civica d’Arte. Nota come Pinacoteca di Ripacandida, si tratta di una galleria di arte moderna permanente allestita in alcune stanze dello storico palazzo ed ospita le opere di diversi artisti quali Vito Miroballi, Ugo Attardi, Ennio Calabria, Renzo Vespignani, Alberto Ziveri,Franco Mulas, Domenico Rambelli e Vittorio Basaglia. Visitando il borgo antico ci si raggiunge la cosiddetta “Piazza”, “la chiazz’” nel dialetto locale, uno dei quartieri del paese dove il campanile della chiesa madre segna il punto più alto della collina su cui Ripacandida sorge.

Olio, vino e miele sono tre elementi cardine nell’enogastronomia di Ripacandida, tutti legati al territorio e alla cultura tradizionale del paesino.

L’Aglianico del Vulture Doc accompagna gran parte dei pasti che si avvicendano sule tavole del grazioso comune che nella sua antichissima tradizione gastronomica, vanta molti piatti tipici, come l’Acquasale e il Pancotto, ma anche le indimenticabili Bruschette alla “paisan”, preparate con pane, alici, peperoni, melanzane, zucchine, aglio e olio, ovviamente extravergine d’oliva del Vulture Dop! Prezioso condimento in ricette dolci e salate nella cucina di Ripacandida è anche il miele, peraltro protagonista di una consolidata manifestazione che si svolge ogni anno ad agosto.

Ripacandida ricade in una delle aree più affascinanti e coinvolgenti del territorio lucano, esattamente a nord, nota come Vulture Melfese.

Un ricco patrimonio ambientale e naturale circondato da boschi, sorgenti, torrenti e aree da pascolo circondano questo spazio di Basilicata dominato dal monte Vulture, appunto, vulcano ormai spento, il cui cratere è occupato dai laghi vulcanici di Monticchio. Proprio per la sua conformazione, quest’area della Basilicata ben si presta ad escursioni di vario genere, dal trekking alla mountain bike, alla scoperta di interessanti aspetti paesaggistici, botanici ed ecologici. Lo sguardo si perde tra gli straordinari vigneti, da cui prende vita l’ottimo Aglianico del Vulture Doc, e uliveti, da cui deriva l’intenso olio della varietà Ogliarola del Vulture, oltre a sconfinati frutteti. Ma il Vulture è anche habitat naturale e ideale per specie faunistiche, soprattutto rapaci, come la poiana, il nibbio reale, il gheppio o lo sparviero.

In particolare una delle bellezze naturali di Ripacandida è il Bosco Grande, attraversato per lo più da alberi ad alto fusto come querce, cerri, durante il fenomeno del brigantaggio anche rifugio di uomini che utilizzarono le numerose grotte per sfuggire alla cattura. Il bosco, che interessa anche i comuni di Filiano, Forenza, Atella e Maschito, proprio nel comune di Ripacandida, si distingue il “casone”, una grande costruzione dove al tempo della transumanza ci si poteva riparare e le “pile”, abbeveratoi per animali. Una curiosità: alla base e sui pendii della collina sul cui sorge Ripacandida è stata impiantata una pineta scenografia dello spot pubblicitario dell’acqua Lilia, che sgorga proprio dalle fonti del Vulture.

LE CHIESE

San Donato, Patrono di Ripacandida, non solo è protagonista di una suggestiva processione, ma dà anche il nome al Santuario che sorge all’ingresso del paese, uno dei luoghi sacri più belli della regione.

Il prezioso Santuario di San Donato, per i suoi meravigliosi affreschi di scuola giottesca ha fatto guadagnare a Ripacandida la denominazione di “Assisi Lucana” e non è l’unica architettura sacra che vale la pena di visitare nel piccolo borgo del Vulture, il cui patrimonio sacro è costituito anche dalla Chiesa Madre di Santa Maria del Sepolcro, sorta sulle rovine di una antica chiesa preesistente e quelle di Sant’Antonio e Santa Maria del Carmine. Un valore mistico va riconosciuto alla Chiesa di San Giuseppe che custodisce la tomba di suor Maria Araneo, il cui corpo, integro, è stato ritrovato in seguito ai lavori del terremoto del 1980, a distanza di 190 anni dalla morte.

IL SANTUARIO DI SAN DONATO

 

Pregevoli affreschi di scuola giottesca decorano le pareti del santuario di impianto francescano che hanno valso a Ripacandida il titolo di “piccola Assisi” della Basilicata

La semplice facciata, impreziosita dal portale del XVII secolo, dà accesso ad uno spettacolo tra arte e devozione. Nel piccolo tempio di Ripacandida figure di santi e immagini allegoriche sembrano danzare con eleganza lungo le pareti, componendo il ciclo di affreschi che rimanda agli episodi salienti raccontati nei testi sacri e che danno la sensazione di sfogliare una vera e propria “Bibbia illustrata”. Vita e Passione di Gesù Cristo, Resurrezione, immagini che fanno riferimento all’Inferno e il Paradiso con Cristo in trono sono alcuni degli episodi raffigurati.

Molto intenso è l’affresco in cui si riconosce il momento in cui San Francesco riceve le stimmate. Autore dei dipinti sarebbe un artista sconosciuto della scuola giottesca. Monumento Nazionale, il Santuario, insieme alla Pro Loco di Ripacandida, è gemellato con la Basilicata Papale di San Francesco e la Pro Loco di  Assisi in “Fede e Arte”. Uscendo dalla chiesa di San Donato, sulla sinistra, si può visitare il Giardino di San Francesco D’Assisi: un labirinto di alberi centenari di straordinaria bellezza.

LA CHIESA DI SANTA MARIA DEL SEPOLCRO

La costruzione risale al 1540, ma l’opera fu completata nel 1602. In paese nota come chiesa madre, si sviluppa su tre navate.

La facciata esterna è abbellita da un portale rinascimentale a cui si accede attraverso un’artistica gradinata in marmo. Ad impreziosire la facciata sono tre orologi, due meccanici, sulla destra di chi guarda, e una meridiana, ciascuno è inserito in un rosone e l’unico funzionante è quello solare che segna le ore, in numeri romani, dalle cinque di mattina alle quattro del pomeriggio. La zona presbiterale è divisa dall’assemblea da una interessante balaustra intarsiata in marmi policromi e caratterizzata da quattro colonnine in cui sono scolpite quattro scene della Passione di Cristo: un cuore trafitto da sette spade, la Madonna presso il Sepolcro, Cristo che emerge dal Sepolcro e il Fonte Battesimale. Al lato della chiesa si distingue il settecentesco Palazzo Ducale.

LA CHIESA DI SAN GIUSEPPE

L’interno, a navata unica, è decorato da eleganti motivi barocchi. Detta anche chiesa delle monache, è attigua al Monastero della Carmelitane Scalze.

Situato in Calata delle Monache, un vicoletto a gradoni che la costeggia, la chiesa di San Giuseppe (1173) assume un particolare valore mistico perché custode della tomba di suor Maria Araneo, il cui corpo, integro, è stato ritrovato in seguito ai lavori del terremoto del 1980, a distanza di 190 anni dalla morte. Pare che in questo stesso tempio di Ripacandida si sarebbe verificato il miracolo di San Gerardo Maiella (1751), Patrono della Basilicata, ma la cosiddetta grata del miracolo, piegata dal santo in estasi, è conservata presso il museo gerardino di Maiella, in provincia di Avellino, nella frazione Materdomini. La chiesa di san Giuseppe presenta una facciata in mattoncini di cotto, un portale barocco e, all’interno, sull’altare maggiore, la grande pala d’altare della Madonna con Bambino con i santi Teresa e Giuseppe di un seguace di Francesco Solimena. Entrando si notano due belle acquasantiere in pietra locale rosa, molto bella anche la decorazione ad eleganti motivi barocchi.