Acerenza è uno dei “Borghi più belli d’Italia”, denominata “città cattedrale” per l’imponente tempio che troneggia al centro del borgo antico, dedicato a Santa Maria Assunta e a San Canio (XI-XIII sec.).

Come vi fosse “adagiata” sorge su di una rupe, racchiusa tra il fiume Bradano e il torrente Fiumarella, spiccando a oltre 800 metri sul livello del mare, e proprio grazie alla sua posizione, dal belvedere “Torretta”, lo sguardo si perde sul panorama che si tuffa nei colori mutevoli dell’alta valle del Bradano.

Proprio lì, dove sorge l’attuale abitato, nacque l’antica Acheruntia, che per la sua posizione il poeta latino Orazio definì “caelsae nidum Acherontiae”, “il nido d’aquila dell’alta Acerenza”, mentre scrittori come Tito Livio e Procopio la citarono come “fortezza di guerra” e “presidio”.

Una volta in paese ci si perde tra i vicoli del borgo antico dove si susseguono fontane e palazzi di pregio, molti dei quali con cortili interni, decorati di stemmi e portali in pietra.

Antichissima e intensa, la storia di Acerenza, antica Acheruntia, risuona ancora tra i suoi intricati vicoli ed è impressa nelle sue imponenti architetture.

Gli accadimenti legati al passato di Acerenza annoverano la conquista da parte dei Romani (318 a.C.), mentre le prime notizie relative alla presenza di insediamenti abitati risalgono al VI secolo a.C..

Diverse fasi scandiscono la storia della cittadina: teatro di lotta fra Sanniti e Romani, nel V secolo divenuta sede vescovile, oggetto di una lunga contesa tra Longobardi e Bizantini, finché nel 1061, con Roberto il Guiscardo, diventa centro di difesa dalle rappresaglie bizantine. E proprio a Roberto il Guiscardo, il condottiero normanno, si deve la costruzione della Cattedrale di Santa Maria Assunta e San Canio vescovo (XI-XIII sec.), a margine del Concilio di Melfi del 1059 e del giuramento di fedeltà alla Chiesa mediato dal vescovo Godano.

Alla fine del XII secolo Acerenza confluisce nell’Impero Svevo, mentre nel XIII secolo, con gli Angioini, acquisisce un’ulteriore importanza per la sua strategica posizione geografica tra Roma e l’Oriente.

Percorrendo i vicoli di Acerenza si scoprono architetture dal forte valore storico e artistico, come gli antichi palazzi e l’imponente Cattedrale, oltre ad un graziosa casa contadina.

Attraversandone i vicoletti ci si imbatte negli antichi palazzi storici, nei portali di pietra finemente decorati e diverse fontane, finché pian piano si svela, in tutto il suo splendore, la Cattedrale dedicata a Santa Maria Assunta e a San Canio.
Si comprende così perché Acerenza, insieme ad altri comuni lucani, sia stata inclusa tra “I Borghi più Belli D’Italia”. Tra gli edifici di pregio con cortili interni di particolare impatto, spesso decorati di stemmi di antiche famiglie acheruntine, spiccano Palazzo Loguercio Polosa e Palazzo Gala.

Custode di elementi preziosi sacri è poi il Museo Diocesano, custode di oggetti provenienti dal tesoro della Cattedrale di Santa Maria Assunta (XI-XIII sec.),  tra i quali si possono ammirare elementi di oreficeria, argenteria, statuaria lignea, dipinti e un’importante collezione di paramenti liturgici.
Convivono, inoltre, molti reperti archeologici anteriori alla nascita del Cristianesimo, emersi dal sottosuolo acheruntino e dalla regione apulo-lucana.

Ad Acerenza, poi, la tradizione contadina rivive nel Museo etnografico, una ricostruzione composta di due vani, l’uno con la riproduzione della stalla e della cucina, l’altro con la camera da letto e il pollaio. Il museo etnografico espone inoltre oggetti di uso quotidiano, attrezzi agricoli e artigianali, oltre agli abiti indossati dai contadini del tempo. Da vedere è anche il Museo dei legni intagliati con sede presso il Convento di Sant’Antonio di Padova.

La tavola della tradizione acheruntina è ricca di prelibatezze che non tradiscono le attese di qualunque visitatore, il quale può destreggiarsi tra numerose e gustose portate.

Acerenza è una delle città del vino, ecco perché a tavola non può non accompagnare ogni piatto proposto l’Aglianico rosso del Vulture, uno dei migliori vini prodotti in regione. Non da meno sono anche il moscato e la malvasia. E proprio per rimanere in tema si potrebbe percorrere la cosiddetta “Via della Cantine”, antiche grotte scavate nella roccia per la conservazione dell’Aglianico.

Tra i primi piatti si distinguono i “maccaroun a desch’t”, maccheroni di pasta fresca fatti con le dita, e i “z’zridd”, pasta casereccia da degustare con fagioli e lenticchie.

Davvero gustosi sono i dolci tipici della vendemmia, come il “sasanidd”, pasta fresca di grano duro cotta nel mosto, e le “lagh’ne chiappute”, lasagne di pasta di grano duro condite con noci, mandorle, mollica di pane e vino cotto, e e lo “Sfogliolato”, pasta di pane con ripieno di cannella, uva sultanina e alici.

Da non perdere, a Pasqua, è il “Pastizz”, deliziosa torta di ricotta, o a Natale i “Calzoncelli”, dolci ripieni di castagne e ceci.

Nel 2014 il miglior panettone d’Italia è stato quello di Acerenza, preparato in una nota pasticceria della città.

Acerenza è senza dubbio una delle più belle cittadine dell’Alto Bradano, area dai colori cangianti che si può ammirare in tutta la sua suggestione dal belvedere “Torretta”.

Ai piedi della bella “Acheruntia”, si staglia infatti un paesaggio dominato da ampie estensioni di vigneti che a seconda delle stagioni e della luce del giorno cambiano tonalità e fascino, ma sono la costante testimonianza della ricchezza di questa terra in cui si coltiva e si raccoglie l’uva che dà vita al rinomato vino Aglianico del Vulture Doc. Paesaggi inviolati, cultura e storia trovano la culla nel verdissimo bacino del Vulture Alto Bradano tra sorgenti millenarie, boschi secolari e alberi monumentali, in cui trovano il proprio habitat ideale animali di diverse specie.

Città romana, normanna e rinascimentale, Acerenza è sinonimo di “Cattedrale”, emblema della sua cultura e della sua storia, ma degni di nota sono anche gli altri luoghi di culto.

Per il ruolo assunto e per la straordinaria bellezza, il Duomo ha fatto guadagnare ad Acerenza la denominazione di “Città Cattedrale”, considerata uno dei monumenti più importanti della Basilicata. Meritano senz’altro di essere visitata anche la Chiesa di San Laviero martire (1065), Patrono della città, e quella dell’Annunziata. Interessante è anche il convento francescano (seconda metà del XVI secolo), con l’annessa Chiesa di San Antonio. Molto interessante è anche il Museo Diocesano che espone tesori della Cattedrale ed è allestito nella sede dell’ex seminario.

LA CATTEDRALE DI ACERENZA

A guardarla da ogni prospettiva si comprende la ragione per cui sia annoverata tra i più importanti monumenti della Basilicata.

Dedicata a Santa Maria Assunta e a San Canio vescovo (XI-XIII sec.), la Cattedrale di Acerenza si deve a Roberto il Guiscardo, condottiero normanno che ne iniziò la costruzione sull’area di una chiesa paleocristiana, a sua volta eretta su un tempio pagano dedicato ad Ercole Acheruntino.

Successivamente maestranze locali, dirette da architetti francesi, la realizzarono in stile romanico clunyacense, secondo l’indirizzo dell’abate di Cluny, Arnoldo, il quale, designato arcivescovo, nel 1080 la consacrò a Santa Maria Assunta e a San Canio.

A guardarla da ogni prospettiva si comprende la ragione per cui sia annoverata tra i più importanti monumenti della Basilicata, con la grande abside e l’interno a tre navate in cui sfilano sulle pareti importanti tavole cinquecentesche, il grande polittico di Antonio Stabile (1583), una cripta del 1524 abbellita da splendidi affreschi di Giovanni Todisco da Abriola, la cupola sulla crociera (XIX sec.) e la sacrestia con un busto di Giuliano l’Apostata.

Bellissimo il portale decorato da singolari allegorie raffiguranti uomini e animali avvinghiati tra loro.

LA CHIESA DI SAN LAVIERO

Detta anche del Purgatorio, la Chiesa di San Laviero (1065) è dedicata all’omonimo santo, Patrono di Acerenza insieme a San Canio e San Mariano.

Uno degli elementi più importanti di questo tempo è l’altare in pietra in stile barocco su cui domina, molto venerata dal popolo acheruntino, la tela settecentesca di Filippo Donzelli, raffigurante il martirio di San Laviero. Visitando la chiesa si notano inoltre la statua di San Rocco, in cartapesta leccese, e quella lignea di San Giuseppe. Attira l’attenzione del visitatore anche il manichino della Madonna Addolorata che indossa un vestito nero (1847). Ogni anno la chiesa è sede dei festeggiamenti in onore di San Laviero che cadono il 17 novembre.

IL CONVENTO FRANCESCANO E LA CHIESA DI SANT’ANTONIO

Nella parte bassa del paese, ai limiti dell’abitato, si trovano il convento francescano (seconda metà del XVI secolo) e l’annessa Chiesa di San Antonio.

Convento e chiesa sono di fondazione medievale, con originaria dedica a Santa Maria Maddalena. Il convento risale alla seconda metà del XVI secolo e all’interno ospita il Museo dei legni intagliati, vere e proprie opere d’arte ispirate alla civiltà rurale realizzate da Giuseppe e Giovanni Di Trani.

LA CHIESA RUPESTRE DI SAN MICHELE ARCANGELO

Nel territorio di Acerenza ricade questo piccolo gioiello ipogeo dedicato all’”Angelo Guerriero”, che si trova esattamente in contrada Sant’Angelo.

Nella graziosa grotta è ancora conservata una statua lignea raffigurante San Michele Arcangelo, intagliata dall’artigiano acheruntino Angelo Maria Marmo, noto anche come “Furnaciar”. Nel 1268 il santuario rupestre di Acerenza era posseduto dagli Ospedalieri di San Giovanni da Gerusalemme.

Il territorio acheruntino non è estraneo a testimonianze di insediamenti preistorici che raccontano il glorioso passato del grazioso comune del Potentino.

Il lavoro degli esperti si è concentrato soprattutto in località Serra Altura, dove sono state ritrovate tracce archeologiche risalenti al Neolitico, e il vicino Monte La Guardia, che ha restituito segni di abitazioni della prima età del Ferro. In prossimità di questa stessa area è stata riscontrata la presenza di abitazioni e tombe del IV secolo a.C., mentre costeggiando i fianchi della montagna, in una serie di caverne, sono stati portati alla luce resti di manufatti litici.

Sul pianoro, ancora in prossimità del Monte La Guardia, il ritrovamento di una statuetta in bronzo di Eracle della seconda metà del IV secolo a.C. documenta il culto del dio-eroe. Sul lato orientale della collina è riaffiorata una tomba del VI secolo a.C. con corredo costituito da vasi in ceramica di produzione greca coloniale e da un bacile in bronzo.