Intervista a Davide Rondoni

Intervista a Davide Rondoni, di Maria Gerardi.

L’infinito é diventato uno di noi, questo il titolo che lei ha voluto suggerire per il presepe monumentale offerto dall’APT BASILICATA alla città di Firenze, proponendo i Sassi di Matera quale scenario per accogliere il mistero della nascita di Cristo. In che modo e perché secondo lei la terra lucana può farsi portavoce di un messaggio così importante accogliendo quell’infinito diventato uno di noi.

Più che una terra, sono gli uomini che la abitano a renderla ospitale e eco di un annuncio. La tradizione, ma ancor più la bellezza estrema, dura e prodigiosa di questa vostra terra sono una provocazione continua a chi abita lì, se ha il cuore acceso, a porsi una domanda sincera circa la natura dell’infinito e del rivoluzionario annuncio cristiano, cioè che l’infinito non è solo remoto, lontano, adeguato alla nostra dismisura interiore ma anche s’è fatto vicino, prossimo, carne, uno di noi.

Il 16 dicembre verrà inaugurata nella chiesa di Santa Croce una mostra di Madonne lignee dal titolo Maternità divine e in occasione dell’inaugurazione lei curerà una performance in voce e musica accompagnato dal musicista fiorentino Grava, nella sala del Cenacolo. In che modo pensa di interpretare il sentimento lucano di profonda devozione mariana, testimoniato dalle tante Madonne e natività lignee presenti nei borghi della Basilicata, alcune di notevole pregio artistico e storico.

Grava è milanese ma lavora all’orchestra del Maggio fiorentino. È un musicista dotatissimo, nato in una famiglia di musicisti. Con lui ho già collaborato in diversi teatri e città con letture di poesia e musica. Non so se interpreterò il sentimento lucano, di certo guardando quelle opere così delicate e forti, così barbare e cristiane sono stato spinto a scrivere un testo dove come sempre mi accade il cuore sanguina e sorride, si perde e canta. I romagnoli come me forse hanno questo in comune con i lucani, una certa durezza, scontrosità che però dentro è movimentata, turbata di dolcezze e sfumature.

Ed è forse per questo suo tratto in comune con i lucani che il 6 gennaio 2018 a Firenze nella Chiesa di Santo Spirito porterà in scena un format spettacolare da lei ideato per sostenere con una narrazione poetica e musicale la promozione di Matera, Capitale della cultura per il 2019? O forse per la promozione di quella Lucania che lei ha voluto identificare con Luceania? Perché terra di luce, e quali le potenzialitá di questa terra, turisticamente definita “il giardino segreto d’Italia”?

Luceania,  ovvero dove la luce – che pur là appare spesso vertiginosa è sterminata su pietre, pianure, mari – cerca corpo in pietre, ritmi di cavità e picchi, boschi ombrosi e case antiche, e in sguardi, così vigili e neri e lucenti…È un giardino per fortuna non più segreto, nel senso che è meritatamente sempre più noto,  ma che comunica sempre, anche a chi come me lo ha visitato e conosciuto tante volte, un segreto, un mistero ulteriore, un farsi di luce e di ombre da decifrare sempre. Con le nostre parole, portate anche dalla grande Iaia Forte e con la musica di Ambrogio Sparagna e della sua meravigliosa orchestra di musica popolare cercheremo di dare voce a questo segreto…

In qualche modo lei é stato scelto quale testimone privilegiato della Basilicata, qual é il suo legame come poeta con questa terra? E quali gli aspetti che più di altri sollecitano il suo interesse come uomo di cultura.

Testimone povero e ultimo tra tanti poeti meravigliosi come Scotellaro, Sinisgalli, Morra, Palumbo…. Senza contare le letture che in vario modo ne hanno dato da Carlo Levi, a Pasolini…e Pascoli pure che vi lavorò in tempi durissimi…Mi accodo a tanti artisti che hanno testimoniato e dato lustro alla Luceania….Io aggiungo la mia voce forestiera e innamorata, e forse segnata da cose che risuonano con elementi profondi di quella terra. Ho conosciuto tante persone, tutte loro speciali e un po’ matte. Mi sono perciò sentito a casa. E ho trovato qui uno speciale legame, quasi violento, tra cielo e terra, cosicché non si possa guardar l’uno senza l’altra, e viceversa. Un continuo rovesciamento dell’uno dentro l’altra. La cultura, per usare questo termine, che cosa è se non il viaggio avventuroso di uomini pensierosi e stupiti tra cielo e terra, attenti alle vicissitudini più umili e più significative della vita e degli uomini?