Il Santuario di San Rocco a Tolve

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In stile romanico la chiesa sorge in posizione dominante nel centro storico del paese, costruita probabilmente nel XII secolo.

Con pianta a tre navate, particolarmente interessante risulta quella laterale sinistra con tre altari, due dei quali sono rispettivamente dedicati a San Biagio e al Sacro Cuore, in cui si conserva un pregevole polittico ligneo del 1400 realizzato dalla scuola napoletana fondata da Giotto intorno al 1330, e quello centrale a San Rocco.

Nella chiesa di San Nicola è accuratamente conservata la cinquecentesca statua lignea di olivo di San Rocco, ritrovata nel XVI secolo in una località molto vicino all’abitato. Chiunque la osservi resta estasiato dallo sguardo intenso del volto che accenna un rassicurante sorriso. In occasione delle celebrazioni in onore del santo di Montepellier la statua viene ricoperta di oro dai fedeli.

L’intensità della devozione al santo trova conferma anche nel cospicuo patrimonio di ex voto conservati nella “Casa del Pellegrino”, ai piedi del santuario diocesano. Si tratta di tavolette dipinte, immagini, parole, oggetti, esempio della particolare venerazione nei confronti del santo taumaturgo.

Molto suggestivi sono poi i cosiddetti “Percorsi Rocchiani”, rete di itinerari che tra natura e spiritualità conducono il pellegrino o il semplice visitatore al santuario da vari punti del territorio lucano e delle regioni limitrofe.


Il Santuario del Sacro Monte del Carmine

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Edificato nel XIX secolo in onore della Vergine, il santuario dista circa otto chilometri da Avigliano ed è calato in un paesaggio di rara bellezza con vista sul monte Vulture e sui Laghi di Monticchio.

La sua origine è antica ed è legata alla storia e alle vicissitudini del popolo di Avigliano, secondo le quali nel 1694 una terribile carestia, prima, e un violento terremoto, poi, sconvolsero la tranquilla vita della cittadina lucana.

Gli abitanti, atterriti, trovarono riparo sulla “Montagnola”, una piccola altura poco distante dall’abitato. In quell’occasione fecero un voto alla Madonna che, se li avesse salvati, loro l’avrebbero eletta a protettrice, acquistando una statua lignea e costruendo una cappella sul luogo in cui avevano trovato rifugio. La Madonna li avrebbe ascoltati e miracolati e loro edificarono il santuario dando luogo a grandi celebrazioni in suo onore.

Da allora, ogni 16 luglio, la statua della Vergine viene portata in processione dalla Chiesa Madre del paese fino alla cappella del “Monte Carmine” e la seconda domenica di settembre, nel corso di un tragitto inverso, è ricondotta in paese, dove trascorre il periodo invernale.


Il Santuario della Madonna del Sirino

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Risalente al 1629, l’edificio sacro dedicato alla Madonna della neve o del Sirino si raggiunge percorrendo un sentiero di spettacolare bellezza, tra rocce e boschi di faggi. Il piccolo tempio ha forma quadrangolare ed è totalmente rivestito di pietre a secco. In una nicchia in legno sull’altare è deposta la statua della Vergine con il Bambino in trono mentre sorregge un globo, che dimora in questo luogo di pace e preghiera tutta l’estate. La statua della Madonna del Sirino viene trasportata,a spalla dai fedeli da Lagonegro  fino al monte Sirino alla quota di 1907 metri, ogni anno nella terza domenica di giugno

Nel territorio di Lagonegro la spiritualità ha il volto della Madonna del Sirino, che sull’omonimo monte, ogni anno, è protagonista di emozionanti pellegrinaggi.

Nella seicentesca cappella della Madonna della Neve, dimora tutta l’estate la sua statua, dopo la Madonna della neve fa il percorso inverso, verso la chiesa della Trinità, in piazza Grande, la terza domenica di settembre.


Il Santuario del Sacro Monte di Viggiano

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Dei dodici chilometri che separano il tempio sacro dal paese, due possono essere percorsi unicamente a piedi, e proprio in questo principio profondo è radicata la devozione verso la Madonna Nera di Viggiano.

Proclamata Regina e Patrona della Basilicata da Papa Giovanni Paolo II, la Madonna Nera di Viggiano è protagonista indiscussa del culto più sentito e importante in terra lucana, rappresentato da una suggestiva processione che si ripete in suo onore in due distinti momenti dell’anno.

Al ritmo di preghiere e canti popolari, la prima domenica di maggio, la Vergine Maria è condotta a spalla dai fedeli che, dalla chiesa madre, portano la statua fino al santuario del Sacro Monte di Viggiano, percorrendo un sentiero selciato piuttosto ripido. Un viaggio a ritroso si ripete la prima domenica di settembre, quando la regale statua della Madonna Nera fa ritorno nel centro abitato.

Secondo un’antica leggenda il santuario sorge nel XIV secolo proprio nel luogo in cui è stata rinvenuta la statua della Madonna Nera, presumibilmente venerata sin dal principio del Cristianesimo nell’antica città di Grumentum finché non viene distrutta dai Saraceni, ragione per cui il simulacro sarebbe stato nascosto in una buca, ancora oggi visibile alle spalle dell’altare maggiore. Il Santuario è aperto tutti i giorni dall’alba al tramonto.

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La Cattedrale di Matera

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Situata nel cuore del centro storico, la Cattedrale di Matera è dedicata ai Santi Patroni la Madonna della Bruna e a Sant’Eustachio,. Ha un’originale architettura risalente al XIII secolo e fu costruita dopo l’innalzamento della Diocesi materana a sede arcivescovile, unita a quella di Acerenza.

Lo stile romanico-pugliese è ancora ben visibile all’esterno della chiesa dove tutte le decorazioni racchiudono significati biblici propri del periodo medievale. Tra gli elementi più rilevanti della Cattedrale di Matera: il rosone, i portali d’ingresso decorati con motivi vegetali intrecciati, le colonne e i rispettivi capitelli, l’epigrafe latina murata sulla porta di accesso al campanile che reca l’anno di completamento della Cattedrale, l’affresco del Giudizio universale e quello della Madonna della Bruna, attribuiti a Rinaldo da Taranto e risalenti al 1270. 

Al di sopra del portale principale della Cattedrale di Matera, in una nicchia, si fa notare la statua della Madonna della Bruna, mentre ai lati, oltre a quelle di San Pietro, a destra, e San Paolo, a sinistra, si può ammirare la statua di Sant’Eustachio. Elemento di gran rilievo è poi il rosone romanico che ripropone il tema della ruota della fortuna e singolare è anche il campanile a base quadrata. Spostandosi sul prospetto laterale l’attenzione cade sulle due porte riccamente decorate: una detta “porta di piazza”, anticipata da una scalinata, l’altra nota come “porta dei leoni”, per la presenza delle due statue poste ai lati che raffigurano, appunto, due leoni.

Adiacente alla Cattedrale di Matera, si trova il Museo Diocesano che è stato allestito negli spazi della Diocesi. Il percorso museale si snoda in un “viaggio a ritroso” che parte dai giorni nostri e giunge alle origini della Chiesa materana. 


Sito Paleolitico di Atella

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Sorge in uno scenario affascinante dai colori intensi che contraddistinguono l’area del Vulture Melfese. Qui, nelle vicinanze del cimitero di Atella, si può ammirare la zanna di un elefante antico (Elephas antiquus) risalente a 600.000 anni fa ritrovata durante uno scavo portato avanti dal Prof. Eduardo Borzatti von Lowestern dell’Università di Firenze. 

www.comune.atella.pz.it


Pitture rupestri "RIPARO RANALDI" di Filiano

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Fra i luoghi più rappresentativi nel panorama rupestre della Basilicata vi è il complesso di pitture rupestri del sito preistorico “Riparo Ranaldi”. Risalenti al periodo mesolitico (circa 10000 anni or sono), le figure sono realizzate su una parete di roccia arenaria posta a circa 800 m di altitudine in località Tuppo dei Sassi, a Filiano, luogo evidentemente frequentato da comunità primitive di cacciatori-raccoglitori. L’importante ritrovamento – effettuato nel 1965 dall’allora direttore del museo provinciale di Potenza, Francesco Ranaldi – può ritenersi la più antica e più originale documentazione della cultura dell’uomo in Basilicata. Le pitture, di colore rosso steso con le dita, rappresentano scene di caccia connesse probabilmente a rituali propiziatori. I dipinti, che occupano una superficie di 52 cm. per 46 cm, riproducono animali (probabilmente cervi) accostati a figure antropomorfe e simboli arborei.

www.comune.filiano.pz.it


Archeoparco del Basileus

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L’Archeoparco del Basileus a Baragiano si estende su un’area sede di numerosi ritrovamenti, tra cui la tomba del Basileus, un re dei Peuketiantes che proprio qui, 2.500 anni fa, visse e fu sepolto con le armi e i simboli del potere.

Il Parco è una “porta d’ingresso” per un viaggio nella storia e nel mito dell’archeologia lucana e si svolge in estate lungo postazioni scenografiche, in un percorso emozionale e trasversale nel tempo. Con l’obiettivo di divertire e semplificare le capacità di apprendimento soprattutto dei più giovani, attraverso oggetti, contesti e giochi fornisce uno spaccato della Basilicata compreso tra il VI e il IV secolo a.C.

All’interno dell’Archeoparco è stato creato anche l’ArcheoLab, il centro di interpretazione archeologica, suddiviso in tre sale multimediali, in cui i ragazzi possono approfondire la conoscenza dell’archeologia lucana e di Baragiano, per mettersi poi alla prova con un gioco-quiz finale di verifica. Di grande interesse sono anche Archeotour e Archeogame.

Il primo è l’innovativo sistema di guida turistica virtuale che, grazie alla rete Wi-Fi del comune, utilizza i QR Code per offrire, attraverso video, audio, immagini e testi, le informazioni su monumenti e luoghi di interesse storico e artistico che possano attirare i turisti. Archeogame, invece, consiste in una caccia al tesoro attraverso i luoghi del centro storico di Baragiano alla scoperta della cultura, della storia e delle tradizioni locali.

http://www.comune.baragiano.pz.it/baragiano/home.jsp

https://www.beniculturali.it/luogo/archeoparco-del-basileus


Sito Archeologico Monte Torretta

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Il sito archeologico ricade nel territorio di Pietragalla, passeggiando nell’esteso spazio ambientale che caratterizza la città nota per i Palmenti, ci si può spingere fino alla località Monte Torretta, nei pressi della frazione San Giorgio, a pochi chilometri dal paese. Qui sono visibili i resti di un insediamento fortificato, databile attorno alla metà del IV secolo a.C., la cui disposizione vede, sulla parte più alta della collina, l’acropoli, mentre sulla terrazza sottostante individua l’abitato, entrambi difesi da possenti mura costruite con blocchi di arenaria squadrati.

Nell’insediamento sono stati portati alla luce resti di un tempio italico e, nelle immediate vicinanze, due statuette risalenti al V e IV sec. a.C., oltre che una cospicua quantità di materiale architettonico, come un acroterio con testa di Gorgone del V secolo a. C. conservato nel Museo Archeologico Provinciale di Potenza.

www.comune.pietragalla.pz.it


Villa Romana di Barricelle

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La Villa Romana di Marsicovetere, situata nella frazione di Barricelle, è una villa rustica appartenuta alla potente famiglia lucana dei Bruttii Praesentes. La scoperta è avvenuta nel 2006 nell’ambito dei lavori per la costruzione di un oleodotto Eni, questa villa di oltre 1700 mq fu nel II secolo la residenza dell’imperatrice Bruzia Crispina, moglie dell’imperatore Commodo nel 178 d. C., appartenente appunto alla famiglia Bruttii Praesentes.

La struttura era situata ai piedi del monte Volturino lungo le sponde del torrente Molinara, affluente dell’Agri, in una posizione assolutamente strategica perchè vicina alla via Herculia importante snodo di collegamenti, lungo l’asse viario di collegamento Venusia – Potentia – Grumentum. La struttura originaria, di notevoli dimensioni, apparteneva al modello di villa rustica residenziale, ed era divisa sostanzialmente in tre parti:

  • una parte produttiva – “pars fructuaria” – riservata agli impianti produttivi, in particolare per la lavorazione dei prodotti dell’agricoltura (grano, olive, uva) e per la produzione di lana;
  • una “pars rustica” destinata al personale di servizio nella zona nord-orientale;
  • una parte residenziale – “pars urbana” – abitata invece dai proprietari, che vi si recavano per trascorrere il tempo libero, molto ampia e riccamente decorata.

La villa fu utilizzata per un lungo lasso di tempo compreso fra il II sec a.C. e il VII sec. d.C .

Durante le fasi di scavo sono venuti alla luce numerosi reperti archeologici, come oggetti di uso quotidiano, oggetti legati alla sfera lavorativa e funeraria. Particolarmente significative sono 12 tegole bollate, un signaculum (sigillo) in bronzo, un’epigrafe funeraria e un anulus signatorius (un anello con la funzione di timbro per la cera che sigillava i documenti).