L’età aurea della Magna Grecia in Basilicata

METAPONTO, VESTIGIA DI ANTICHI FASTI

Ben trentacinque chilometri di mare azzurro che lambisce litorali di sabbia finissima e dorata connotano la costa Jonica della Basilicata, dove il colore intenso dell’acqua si sposa con il verde vivido della macchia mediterranea.
La straordinaria fertilità del litorale ionico era nota fin dall’antichità; difatti la zona costiera compresa fra i fiumi Bradano e Basento fu scelta da alcuni coloni greci circa otto secoli prima di Cristo per fondare Metapontion, l’odierna Metaponto. Secondo il geografo Strabone fu l’eroe greco Nestore di ritorno dalla guerra di Troia a dar vita alla città.
I coloni greci erano mercanti, contadini, allevatori, artigiani, che decisero di emigrare con l’interesse di far nascere nuove attività commerciali, ma la spinta a lasciare la Grecia fu dovuta anche a tensioni sociali generatesi per l’incremento della popolazione a cui la magra produzione agricola locale non riuscì più a dare sostentamento.
Grazie alla portentosa fertilità delle sue campagne, Metaponto divenne ben presto una delle più potenti città della Magna Grecia, così come furono chiamate le zone colonizzate della penisola italiana, a testimonianza dell’orgoglio dei coloni greci di aver dato vita ad una comunità che aveva raggiunto così alti livelli in campo sociale, culturale ed economico, da poter essere considerata, in confronto, più grande della stessa madrepatria.
Metapontion divenne fin da subito un importante centro prima agricolo e poi commerciale, ma i coloni greci importarono anche la cultura ellenica, di conseguenza nelle città di nuova fondazione oltre ai commerci fiorirono anche l’arte, la letteratura, la filosofia. La stessa Metaponto fu scelta dal grande filosofo e matematico greco Pitagora che qui nel 490 a.C. tenne una sua scuola e ivi dimorò fino alla sua morte.
Il Mar Jonio racconta di fiorenti commerci, ma anche di grandi battaglie. Nel corso degli anni infatti fu solcato da flotte di navi e diverse furono le guerre che videro contrapposte le numerose colonie della fascia jonica alle popolazioni autoctone. Con le guerre annibaliche e l’arrivo dei romani lo splendore di Metaponto fu messo in ombra, questi ultimi soggiogarono il territorio e vi costruirono un accampamento le cui tracce permangono fino al IV sec d.C.
Oggi di quell’antico bagliore sono testimonianza i numerosi reperti, ruderi e costruzioni che fanno della città uno dei siti archeologici più importanti d’Italia. Il simbolo di Metaponto, frazione di Bernalda, e del suo parco archeologico sono senza dubbio le Tavole Palatine. Del tempio di Hera, moglie e sorella di Zeus, eretto nel VI secolo in stile dorico, rimangono ben 15 colonne che lo rendono una fra le maggiori testimonianze di culto della Magna Grecia.
Oltre alle Tavole Palatine nel Parco Archeologico sono visibili i resti dei templi di Apollo Licio, Afrodite e Atena parte dell’agorà, il quartiere artigianale per la produzione delle ceramiche (kerameikos) ed il grande asse viario nord-sud (plateia). Poco distante si può ammirare anche l’Agorà dedicata a Zeus, sede degli edifici pubblici destinati a riunioni e incontri e il grande teatro con cavea semicircolare.
Nell’insieme sono riconoscibili le tracce di una notevole quantità di monumenti che hanno segnato la vita civile e religiosa della colonia.

Il Museo Archeologico Nazionale di Metaponto

I reperti rinvenuti, non solo nell’area del parco archeologico ma anche in altre zone del Metapontino, sono custoditi nel Museo Archeologico Nazionale di Metaponto.
L’importante contenitore culturale, presenta la ricostruzione del quadro archeologico del territorio metapontino connotandosi come una delle testimonianze più autorevoli della cultura e della storia della Magna Grecia.
All’interno dei suoi spazi espositivi sono custoditi numerosi reperti di differenti epoche storiche, quelli più antichi risalgono alla Preistoria e consistono in vari oggetti e suppellettili rinvenuti in corredi funerari tra cui spiccano gioielli e oggetti in bronzo e in avorio di alta qualità; questi si riferiscono alle prime fasi di popolamento da parte degli Enotri-Choni durante la media età del Bronzo e quella del Ferro. Oltre alla sezione relativa alla Preistoria, ve ne sono altre ad iniziare da quella riguardante l’arrivo dei coloni greci durante il VII sec a.C., in cui viene mostrata la creazione della colonia a partire dall’occupazione del territorio fino alla formazione e sviluppo della città. La sezione successiva è dedicata alla commistione fra greci e popolazione indigena, altre sezioni del Museo riguardano le colonie greche di Siris e di Herakleia e il mondo italico delle vallate dell’Agri e del Sinni, l’ultima mostra i cambiamenti portati dall’arrivo dei romani fino al graduale abbandono di Metaponto. I reperti esposti sono per la maggiore di tipologia fittile tra cui spicca per bellezza e importanza, fra le testimonianze di età greca, l’incensiere con fusto decorato da animali e scene mitologiche proveniente dal sito dell’Incoronata di Pisticci.

POLICORO, L’ANTICA HERAKLEIA

L’aurea atmosfera della Magna Grecia pervade anche Policoro, l’antica Herakleia compresa nella regione della Siritide vicino Siris. A connotare Policoro fra i centri più importanti dell’antichità fu la sua posizione strategica, che gli consentì di partecipare attivamente agli scambi commerciali dell’epoca. La città ebbe anche un ruolo militare di prim’ordine, infatti fu teatro della più famosa battaglia di Pirro contro l’esercito romano nel 280 a.C.
Dei fasti ellenici rimangono oggi alcune testimonianze nel Parco Archeologico che comprende i resti dell’acropoli di Herakleia risalente al 433-32 a.C. in cui sono visibili le rovine del tempio dedicato a Demetra.

Il Museo Archeologico Nazionale della Siritide

I rinvenimenti più significativi relativi alle città greche di Siris e di Herakleia sono raccolti ed esposti nel Museo archeologico nazionale della Siritide. Degni di nota tesoretti di monete e gioielli, tra cui pregiate parure in ambra e corallo, e l’imponente corredo funerario rinvenuto nella tomba del “pittore di Policoro” che comprende 23 vasi con scene che si rifanno alla mitologia greca.
Oltre a reperti di origine ellenica, nel Museo sono esposti anche testimonianze di età preistorica e medievale. Le prime attività di scavo si devono al noto archeologo Dino Adamesteanu negli anni Sessanta del Novecento.
Lungo il percorso espositivo è possibile osservare custodite in teche e vetrine statuette votive e corredi funerari di VII-VI secolo a.C. con ceramiche figurate di produzione locale, tra le più antiche realizzate in Magna Grecia, riferibili alla fase della città di Siris. Mentre alla fase di Herakleia sono ascrivibili importanti corredi funerari del IV-III sec a.C. caratterizzati da splendide ceramiche a figure rosse e da raffinati monili in oro filigranato, alcuni dei quali prodotti da botteghe locali.

L’Oasi WWF Bosco Pantano di Policoro

Meta ideale per una vacanza rilassante tra archeologia mare e natura, Policoro offre un’ampia offerta turistica. Gli amanti della montagna possono immergersi nella natura incontaminata dell’oasi protetta dal WWF del Bosco del Pantano in cui è possibile osservare specie arboree e floreali di enorme valore naturalistico, scientifico e paesaggistico vista la loro rarità; qui inoltre si possono ammirare anche alcune specie faunistiche rare, come le tartarughe marine della tipologia Caretta Caretta che hanno eletto le ampie distese di sabbia morbida e finissima bagnate da un mare meraviglioso, cristallino e pulito di Policoro come loro luogo di riproduzione. All’interno dell’oasi si può fare trekking a piedi, in bicicletta o a cavallo o semplicemente rilassarsi nelle aree attrezzate per una sosta o un picnic. Molte sono anche le attività outdoor che si possono praticare, quali golf, vela, canoa, windsurf, immersioni nei fondali del mar Jonio e pesca sportiva.

Non ultimo va menzionato il porto turistico di Marina di Policoro, considerato il più grande e attrezzato del Mar Ionio, il porto mette a disposizione dei natanti circa 750 posti barca e offre servizi e assistenza alle imbarcazioni che vi approdano.