Un’atmosfera mistica avvolge il comune di Banzi che sorge al centro dell’alta Valle del Bradano, disposta su un’altura sul corso del torrente Fiumarella.

Infinite ragioni possono attirare l’attenzione del visitatore curioso: la storia del borgo, dove si possono ammirare i resti dell’Abbazia benedettina di Santa Maria, la più antica della Basilicata (IX sec.), i numerosi siti archeologici dislocati attorno al paese, come quello risalente al periodo romano su cui sorge un “templum auguraculum” dei primi decenni del I secolo a.C., spazio sacro sul quale i sacerdoti interpretavano i segni divini leggendo il volo degli uccelli.

Ma il nome di Banzi è legato anche alla “Tabula Bantina”, un testo epigrafico su lastra di bronzo in lingua osca con caratteri latini, oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Napoli.

La cittadina ha origini antichissime, tanto da essere abitata sin dal IV-VI secolo a.C. come testimoniano i numerosi reperti archeologici provenienti dagli scavi condotti intorno al paese.

Menzionata come “Bantia” da vari autori latini, quali Tito Livio, Plutarco e Orazio, nel suo territorio è stata rinvenuta una vasta necropoli del VI-IV secolo a.C., oltre a tombe e alla “Tabula Bantina” cantata dal poeta latino di origini venosine Orazio. Al periodo romano risale un “templum” augurale databile ai primi decenni del I secolo a.C., si tratta di uno spazio sacro composto da nove ceppi presso il quale i sacerdoti interpretavano il volere divino seguendo il volo degli uccelli.

L’antica città è sorta sull’antico abitato osco-romano e ha mantenuto un ruolo importante anche in epoca tardo-imperiale.

Nel Medioevo Banzi assume valore sacro per la Badia di Santa Maria, una delle più antiche fondazioni benedettine della regione. Nel 1300, con la soppressione della comunità benedettina il monastero passa agli agostiniani e poi ai francescani riformati che, a ridosso della chiesa, costruiscono un nuovo convento.

A Banzi, nel 208 a. C., nel corso della seconda guerra punica, avviene lo scontro tra il condottiero cartaginese Annibale, che avrà la meglio, e i consoli romani Marco Claudio Marcello e Tito Quinzio Crispino.

A Banzi ci si perde tra tesori sacri e reperti archeologici testimoni di un passato ricco, mistico e intenso, tale da non poter rimanere sconosciuto. Per questo vale la pena concedersi un’escursione all’insegna della cultura.

Si scopre così che il borgo badiale di Banzi è costituito da quel che resta dell’antichissima Abbazia benedettina di Santa Maria, la più antica della Basilicata (IX sec.), racchiusa al centro dell’attuale abitato.

Il viaggio nella storia più antica del paese dell’Alto Bradano prosegue attraverso una “domus” romana, con annesse terme, scoperta proprio di fronte ad un “templum auguraculum in terris” risalente all’epoca romana e venuto completamente alla luce durante scavi condotti nel 1967. Qui i sacerdoti interpretavano i segni divini osservando il volo degli uccelli.

I vari oggetti rinvenuti all’interno della “domus” oggi sono sparsi in vari musei italiani.

In località Mancamasone sono poi visibili le fondazioni di un edificio abitativo di età ellenistica (fine IV-II sec. a.C.) con vani disposti intorno ad un grande cortile.

Al nome di Banzi è legata inoltre una antica sorgente, per quanto non vi sia assoluta certezza della sua esistenza, cantata anche dal poeta latino Orazio, di origini venosine, nella tredicesima Ode del III Libro dal titolo “Fons Bandusiae”.

A Banzi anche i sapori arrivano dal più lontano passato e dalle antiche tradizioni popolari della cucina contadina.

Il pane cotto, quello raffermo e cotto in acqua condito con verdura e salsiccia, è una delle tipicità da non perdere, come le lagane con la mollica o quelle con il latte. Sfizose e saporite sono anche le cosiddette patate “arranganate”, al forno e condite con pan grattato, e poi il “brodetto”, una minestra di cicorie campestri, cardoncelli, finocchietti selvatici, asparagi di bosco cucinati con uova, salame e carne di agnello o capretto.

In realtà questo è un piatto che si degusta con piacere soprattutto nel giorno di Pasqua. È d’obbligo accompagnare ogni piatto con dell’ottimo vino Aglianico del Vulture Doc.

Banzi ricade nell’affascinante cornice della valle dell’Alto Bradano, insieme ad altri otto piccoli comuni.

Percorrendone ogni tratto si resta totalmente conquistati dalla sequenza di morbide colline che si succedono fino al fiume Bradano, le quali sono inoltre incorniciate dalla catena montuosa dell’Appennino lucano.

Nessuna descrizione più sapiente di quella offerta dallo scrittore lucano Raffaele Nigro ne “L’Alto Bradano” potrebbe rendere meglio l’idea di questo angolo di Basilicata: “…Salendo dalle pianure della Puglia, dopo il vestito erboso delle colline dolci del sud si sprigiona un paesaggio arcaico, meno popoloso, una fioritura di colli e cocuzzoli ai quali si aggrappano le strade, le masserie spesso in abbandono e i paesi. Paesi di calce e di pietra che fuggono verso valle in cerca di periferie agevoli ma che restano nonostante gli sforzi della modernità abbarbicati nei nuclei medievali alle parti alte dei monti…”.

Dal punto di vista sacro Banzi vanta diversi luoghi di culto a loro volta custodi di interessanti elementi decorativi, ma a conquistare il visitatore che raggiunge il borgo sono i resti dell’Abbazia benedettina di Santa Maria.

Sorta al centro dell’antica città sannita-lucana denominata “Bantia”, si tratta della più antica Abbazia della Basilicata fondata dai benedettini nel IX secolo e consacrata da Papa Urbano II nel 1089, durante l’incontro con i figli del Guiscardo, avvenuto proprio in questi luoghi, in preparazione dei lavori del Concilio di Melfi.

L’episodio storico ogni anno anima il borgo di Banzi grazie ad una rievocazione tra momenti di spettacolo e folclore.

Poco distante si incontra la chiesa di Santa Maria risalente all’XI secolo, al centro di vari interventi con l’annesso convento, entrambi compresi nel più vasto perimetro del complesso costituente l’originaria abbazia benedettina. All’interno la chiesa è a navata unica coperta da volte a botte e quattro cappelle laterali, mentre sulla facciata è immediato l’impatto con un bassorilievo in pietra calcarea del 1331 che raffigura la Vergine in Trono ai cui piedi c’è il committente.

Il tempio custodisce diversi oggetti di pregio come un’icona lignea (XIII sec.) con il volto della Vergine, stesso periodo e stesso materiale per una splendida statua raffigurante la Madonna col Bambino, di un ignoto scultore locale. Dai restauri della chiesa della Badia sono emersi resti di affreschi della fase benedettina.

Lo stile barocco contraddistingue la chiesa madre di Santa  Maria Maggiore (XIII sec.), interessante per la “porta di San Valentino” composta da 20 formelle di bronzo raffiguranti coppie di Vecchio e Nuovo Testamento. Da ricordare sono anche le tele “Donazione della stola a S. Idelfonso”, opera del pittore nato a Satriano di Lucania e noto come “Il Pietrafesa” (1620).

Di particolare pregio artistico è anche il dipinto “Madonna con bambino due profeti e S. Elena” del Todisco ( XVI sec.) conservato, invece, nella chiesa di San Gerardo (XVI sec.), ma lo stesso artista ha firmato anche l’opera “Madonna con Bambino” visibile nella chiesa di Santa Annunziata (XVII sec.).

A Banzi prende vita la maratona “6 Ore dei Templari” che, come indica il titolo dell’iniziativa, intende rievocare le gesta dei favolosi cavalieri del Tempio, con singolari sfumature!

Il paese si configura location ideale per la sei ore che mette insieme la storia del luogo, il fascino degli scorci monumentali, l’ospitalità della gente e, ovviamente, l’adeguatezza del percorso.

La maratona sfrutta appieno le opportunità del luogo, dal momento che gran parte delle attività legate all’evento sportivo si svolgono all’interno dei locali e dei cortili del borgo badiale. Molto suggestivo il “pasta party” che la prima sera è riservato agli atleti e ai loro accompagnatori, una cena alla luce di fiaccole nella suggestiva ambientazione medioevale con indosso costumi dell’epoca.