Patria del poeta latino Quinto Orazio Flacco e del madrigalista compositore rinascimentale Carlo Gesualdo, Venosa è uno dei borghi più belli d’Italia, in cui il tempo scorre tra passato e presente, come testimonia la statua di Orazio, nella piazza a lui dedicata, nei pressi di quella che potrebbe essere stata la sua abitazione.
Per conoscere ogni angolo di questo scrigno di arte, cultura e spiritualità bisogna arrivare fino all’area nord della Basilicata, nel cuore del Vulture Melfese. Qui, su un altopiano compreso tra due valli e circondata da una rigogliosa vegetazione e numerose alture, Venosa si rivela in tutta la sua bellezza.
Un susseguirsi di gioielli artistici e architetture di pregio si possono ammirare sin da quando si fa ingresso nel paese, tra la chiesa della Trinità e l’annessa Incompiuta, luoghi sacri fortemente legati all’origine della dinastia normanna, il vicino Parco Archeologico, finché si giunge nel cuore del suo centro storico dove domina il maestoso Castello Pirro del Balzo, per poi scoprire, poco fuori dalla città, le catacombe ebraico-cristiane, dimostrazione della presenza di una consistente comunità ebraica tra il IV e il IX secolo.
Le testimonianze relative alla presenza umana nel territorio di Venosa risalgono alla Preistoria e sono custodite nel Sito Preistorico Paleolitico di Notarchirico, tra i più antichi di Europa e non lontano dal centro della città.
Venosa, fu strappata dai Romani ai Sanniti nel 291 a.C. e da questo momento la storia della città è legata a quella di Roma, che arriva a conferirle il titolo di Municipium, città romana, appunto. Dall’ 89 a.C. al 43 a.C. questa appartenenza si fa sempre più profonda.
In questo stesso periodo, nasce Quinto Orazio Flacco, il grande poeta latino che vive a Venosa la sua fanciullezza iniziandovi anche gli studi di grammatica, che proseguirà poi a Roma. A confermare il momento di floridezza che caratterizza Venosa è il popolamento, a partire dal 70 d.C., di una colonia ebraica, testimonianza straordinaria della convivenza tra etnie mai riscontrato prima, come si può appurare sulla collina della Maddalena, appena fuori dalle mura fortificate. Qui sono visitabili, ancora nelle sue cavità, sia le sepolture ebraiche che quelle cristiane.
Nell’alto Medioevo i Longobardi prima, i Saraceni poi, arrivano a Venosa. In seguito, arriveranno anche i Bizantini. Tra la dominazione normanna e la presenza benedettina si sviluppa il complesso della Santissima Trinità, il monumento storico più importante della città oraziana.
Dopo gli Angioini, Venosa passa agli Orsini e determinante sarà la presenza del duca Pirro del Balzo, al quale si deve l’edificazione del castello, costruito dal 1460 al 1470, insieme alla cattedrale di Sant’Andrea, la quale sarà terminata nel 1502 e consacrata nel 1531.
Ai Del Balzo seguiranno poi i Gesualdo, feudatari e Principi di Venosa, ed in questo periodo si affermano figure culturali importanti come il poeta Luigi Tansillo, il giurista Giovanni Battista De Luca (1614 – 1683) e la controversa figura di Carlo Gesualdo principe di Venosa. Tra XVIII e XIX secolo Venosa passa dai Ludovisi ai Caracciolo. Nel 1820 avrà una buona rappresentanza della carboneria, mentre con l’unità d’Italia, nel 1861, è conquistata dai briganti del rionerese Carmine Crocco.
Ogni monumento, ogni strada, ogni vicolo della città di Venosa è espressione della cultura che nei secoli ha permeato la città oraziana, dando vita a gioielli artistici e architettonici di inestimabile valore.
Sin dall’ingresso della città si può ammirare la splendida Abbazia della Trinità, con annessa chiesa dell’Incompiuta, luoghi sacri fortemente legati all’origine della dinastia normanna. Straordinario è anche il vicino Parco archeologico e, nel cuore del borgo antico, il castello Pirro del Balzo, sede del Museo Archeologico Nazionale.
Da non perdere anche la cattedrale di Sant’Andrea Apostolo, il Sito Preistorico Paleolitico di Notarchirico, tra i più antichi d’Europa, la Casa di Orazio, diversi palazzi storici e fontane, come quella Angioina, proprio di fronte al castello, realizzata nel 1298, in onore di Carlo I D’Angiò. Venosa custodisce, inoltre, una testimonianza di notevole interesse storico e archeologico del culto dei morti nell’antichità: le catacombe ebraiche in prossimità di quelle cristiane, risalenti al IV-IX secolo, scavate nel tufo.
Percorrere le strade lastricate in pietra della città oraziana, dunque, regala una sensazione di scoperta e sorpresa continue.
Al poeta latino Orazio, suo cittadino di eccellenza, Venosa dedica il Certamen Horatianum, un evento culturale internazionale che si svolge con il patrocinio del Presidente della Repubblica e che è annoverato dal Ministero dell’Istruzione tra le migliori competizioni scolastiche.
IL CASTELLO PIRRO DEL BALZO
Costruito tra 1460 e 1470, è sorto su una preesistente cattedrale romanica. Imponente domina il centro storico della città e ospita il Museo Archeologico Nazionale.
Il nuovo fortilizio voluto dal duca Pirro del Balzo nasce come importante tassello di un nuovo progetto di urbanizzazione e fortificazione intorno alla città oraziana. Se ne possono ammirare le quattro torri cilindriche, che segnano gli angoli della pianta quadrangolare, un profondo fossato e un ampio cortile circondato da un loggiato rinascimentale.
Di qui si passa nella Biblioteca comunale e nei due saloni di rappresentanza, con volte dipinte da soggetti allegorici nel XVIII secolo, mentre dall’androne si accede al camminamento. L’interno della galleria seminterrata ospita il Museo Archeologico Nazionale che raccoglie la documentazione di età romana, tardo antica e alto medioevale della città e del suo territorio.
LA CASA DI ORAZIO
In una vicolo di Piazza Orazio si può visitare quella che si presume sia stata la casa natale di uno dei poeti latini più amati.
In realtà, in questo piccolo edificio sono stati individuati ambienti termali, tra i quali si distingue con certezza un calidarium, una parte delle antiche terme romane destinata ai bagni in acqua calda. La facciata della struttura presenta mattoni a legatura reticolata, mentre a sinistra dell’ingresso è presente un bassorilievo murato. La casa di Orazio è visitabile su prenotazione.
LE CATACOMBE EBRAICO-CRISTIANE
Le catacombe ebraico-cristiane, sono la testimonianza storico-antropologica del culto dei morti nell’antichità. Sulla collina della Maddalena, appena fuori dalle mura fortificate, si resta colpiti dalle catacombe ebraiche, situate in prossimità di quelle cristiane, dimostrazione della presenza di una consistente comunità ebraica tra il IV e il IX secolo.
Scavate nel tufo e articolate in diversi cunicoli con loculi parietali e nicchie, presentano numerosi graffiti ed epigrafi funerarie, con iscrizioni in ebraico, greco, latino, incisioni in Menorah e affreschi. Il sito è visitabile su prenotazione.
In Basilicata, il momento del banchetto consente di accompagnare il gusto di piatti tipici con un buon vino, corposo, intenso, armonico: l’Aglianco del Vulture DOC.
Le civiltà greca e latina, di cui faceva parte il poeta Orazio, individuavano nel momento del banchetto un’occasione di incontro “spirituale” nonchè luogo ideale della declamazione poetica. In terra lucana tutto questo ben si coniuga con la rinomata cucina in cui predominano i sapori decisi della tradizione. Dagli strascinati, pasta fatta in casa condita con sugo o accompagnata con altri squisiti e imperdibili accostamenti, alle carni pregiate e agli ottimi formaggi, fino alle verdure locali e ai salumi prelibati, tutti rigorosamente accompagnati da un buon calice di Aglianico, in grado di esaltare ogni sapore.
Dal colore rosso rubino intenso, con riflessi granati e un profumo delicato di frutti neri maturi, così si potrebbe descrivere l’inconfondibile sapore dell’Aglianico, il vino lucano tra i più famosi sulle tavole dell’Europa e del mondo. Ed è proprio qui nel Vulture, una delle aree più belle e suggestive della regione, che questo vino vede la luce, frutto delle immense e pittoresche distese di vigneti, lavorato e fatto riposare in fresche e caratteristiche cantine, in cui è possibile intraprendere itinerari conoscitivi e degustativi.
Venosa è anche teatro di eventi dalle varie ispirazioni culturali, religiose ed enogastronomiche, in ogni momento dell’anno, come in occasione di “Aglianica”, che da quasi un ventennio nell’area del Vulture-Melfese, celebra l’Aglianico Doc.
Venosa ricade in una delle aree più affascinanti e coinvolgenti del territorio lucano, esattamente a nord, nota come Vulture Melfese.
Un ricco patrimonio ambientale e naturale circondato da boschi, sorgenti, torrenti e aree da pascolo circondano questo spazio di Basilicata dominato dal monte Vulture, appunto, vulcano ormai spento, il cui cratere è occupato dai laghi vulcanici di Monticchio.
Proprio per la sua conformazione, quest’area della Basilicata ben si presta ad escursioni di vario genere alla scoperta, dal trekking alla mountain bike, di interessanti aspetti paesaggistici, botanici ed ecologici. Lo sguardo si perde tra gli straordinari vigneti, da cui prende vita l’ottimo Aglianico del Vulture Doc, e uliveti, da cui deriva l’intenso olio della varietà Ogliarola del Vulture, oltre a sconfinati frutteti.
Ma il Vulture è anche habitat naturale e ideale per specie faunistiche, soprattutto rapaci, come la poiana, il nibbio reale, il gheppio o lo sparviero.
Nel 2012 nella città oraziana è stata girata la miniserie televisiva “Il generale dei Briganti, diretta da Paolo Preti e coprodotta da Rai Fiction.
La Fiction è stata girata in gran parte dell’area del Vulture Melfese sfruttandone la bellezza dei paesaggi e soprattutto i luoghi in cui sono realmente accaduti alcuni avvenimenti legati alla storia di Carmine Crocco, il brigante e rivoluzionario lucano che in questo caso ha avuto il volto dell’attore Daniele Liotti. A Venosa diverse scene della fiction Rai sono state girate tra il castello aragonese Pirro del Balzo e piazza Municipio.
Il passato è una costante nella vita culturale e artistica della città di Venosa grazie ai diversi luoghi che ne custodiscono ogni dettaglio.
Dal Museo Archeologico Nazionale, che ha sede nel maestoso Castello Pirro del Balzo, nel cuore del centro cittadino al sito preistorico paleolitico di Notarchirico, tra i più antichi di Europa e dove è possibile ammirare undici livelli di scavo sovrapposti, fino al’anfiteatro romano, disposto su tre piani e scoperto nel 1979.
L’archeologia a Venosa ha diversi volti e sfumature tutte da scoprire tra il centro della città e le sue aree limitrofe. Un salto nel passato e nella storia da cui non si torna delusi.
IL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE E IL PARCO ARCHEOLOGICO
Dal 1991, anno della sua istituzione, il museo è allestito all’interno del castello Pirro del Balzo, nel cuore del centro antico di Venosa.
Raccoglie la documentazione di età romana, tardo antica e alto medioevale della città e del suo territorio, con un percorso articolato in cinque sezioni corrispondenti a cinque fasi cronologiche distinte. Un importante aspetto nella storia della città è legato alla presenza di una fiorente colonia ebraica, documentata tra il IV ed il IX sec. d.C. da numerose epigrafi funerarie provenienti soprattutto dalle Catacombe e dall’area dell’Anfiteatro.
Dal 1996 il museo ospita una sezione dedicata alla preistoria, dal Paleolitico inferiore all’Età dei metalli. Da non perdere anche la visita al Parco archeologico – che comprende una domus, le terme, complessi residenziali e uno episcopale – e alle Catacombe Ebraiche (IV-IX sec.), dimostrazione della presenza di una consistente comunità ebraica in prossimità di quelle cristiane.
Non si può non visitare poi il sito preistorico paleolitico di Notarchirico, tra i più antichi d’Europa, dove è possibile ammirare undici livelli di scavo sovrapposti da cui sono riemersi resti ossei di fauna preistorica di grossa taglia, come elefanti, bisonti, rinoceronti, ma anche strumenti litici e il femore di una femmina adulta della specie Homo Erectus, uno dei più antichi resti umani ritrovati nel Meridione.
IL SITO PREISTORICO PALEOLITICO DI NOTARCHIRICO
Tra i più antichi d’Europa si trova alla periferia di Venosa ed è caratterizzato da undici livelli di scavo da cui sono riemersi reperti risalenti all’era paleolitica (tra 600.000 e 300.000 anni fa).
Scoperto nel 1979, il sito preistorico paleolitico di Notarchirico è uno straordinario scrigno di preziosi tesori che vanno da resti di animali preistorici di grossa taglia, come elefanti, bisonti e rinoceronti, ma anche tracce umane, come un femore di femmina adulta della specie Homo Erectus, uno dei più antichi resti umani ritrovati nel Meridione. Dagli scavi sono inoltre venuti alla luce strumenti litici.
L’ANFITEATRO ROMANO
Un altro esempio della spettacolare bellezza e ricchezza storica e cultura di Venosa, risale al periodo compreso tra il I e il II secolo d.C.
A forma ellittica, è disposto su tre piani, in parte costruiti fuori terra e in parte realizzati tagliando a terrazze il terreno in cui sorge. Da una serie di esami sulle misure della struttura hanno lasciato intendere che l’anfiteatro romano della città oraziana riuscisse ad accogliere, all’epoca, circa diecimila spettatori.
Nel livello più basso si trovava l’arena, con la terrazza del “podio” per i personaggi importanti. Molti degli ornamenti e delle opere rinvenute sono stati collocati presso altri monumenti di Venosa. Il primo scavo relativo all’anfiteatro fu commissionato dai Borboni nel XIX secolo, dal quale riemersero una serie di bronzi, monete e terrecotte.
Numerose chiese arricchiscono il patrimonio artistico di Venosa dislocare tra in diversi punti della città.
Oltre a veri propri monumenti sacri di inestimabile valore come la chiesa della Santissima Trinità, con annessa Incompiuta, proprio all’ingresso di Venosa, e la cattedrale dedicata a Sant’Andrea Apostolo, la città oraziana vanta diversi luoghi di culto come la chiesa di San Biagio, in un vicolo del borgo, di particolare interesse per la facciata in stile rinascimentale e i medaglioni laterali raffiguranti gli stemmi di Pirro del Balzo e dei principi Ludovisi.
Interessante è anche la chiesa di San Domenico, (1348) con l’annesso convento. Molto caratteristica è la facciata a motivi floreali e un trittico di figure aureolate (XIII sec). Accanto al Castello Pirro del Balzo si fa notare un monumento di particolare rilievo artistico: la chiesa di san Filippo Neri – o del Purgatorio – (1679) decorata da fregi, volute, nicchie e pinnacoli, che rimandano all’arte barocca. D’impatto, sul portale d’ingresso, l’iscrizione “Pulvis et umbra“ del poeta latino Quinto Orazio. Nella chiesa è conservato un dipinto di San Filippo Neri.
LA CHIESA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ
È uno dei più significativi complessi abbaziali costruiti in epoca normanna nell’Italia meridionale, un capolavoro dell’architettura benedettina che, nella successione a rientranze delle facciate, scandisce le diverse epoche storiche.
Il complesso della Santissima Trinità è composto dalla chiesa vecchia, sorta in età paleocristiana su un tempio pagano dedicato a Imene protettrice delle nozze, e ampliata con la chiesa nuova, rimasta poi “Incompiuta”. Quest’ultima, situata dietro l’abside e sullo stesso asse della chiesa vecchia, fu iniziata dai benedettini, utilizzando anche materiali di spoglio, in forme che richiamano lo stile monastico francese, ma fu lasciata incompiuta.
L’ingresso, in stile romanico, sul lato sinistro è caratterizzato da due sculture di leoni in pietra e quattro sporgenze, che corrispondono ad altrettante facciate sovrapposte l’una all’altra. Una volta all’interno si è colpiti dalla bellezza delle diverse sculture di varie civiltà e dalla cosiddetta Colonna dell’Amicizia, opera romana sormontata da un capitello bizantino.
La navata centrale è suddivisa in altre quattro sormontate da grandi archi, molto bella poi è l’abside posta sul fondo e a forma semicircolare. Nella navata destra la chiesa della Trinità custodisce la tomba degli Altavilla, dove è sepolto anche Roberto il Guiscardo, mentre nella navata sinistra si trova la Tomba della moglie ripudiata, Aberada di Buonalbergo.
L’INCOMPIUTA
Iniziata dai benedettini con l’impiego di materiali di spoglio, in forme che richiamano lo stile monastico francese, è stata lasciata, però, “incompiuta”, da cui il nome.
Il progetto relativo a questo splendido esempio di architettura sacra, che avrebbe dovuto essere la “chiesa nuova”, risale al XII secolo, quando la “chiesa antica” della Santissima Trinità venne considerata non più in grado di ospitare il numero dei fedeli e si pensò, dunque, di ampliarla. L’ingresso è superato da un arco semicircolare ed evidenzia una lunetta decorata da una iscrizione a sua volta sormontata dal simbolo dell’Ordine dei Cavalieri di Malta: l’agnello con la croce.
L’Incompiuta è in continuità con i muri perimetrali, della chiesa vecchia, di cui mantiene l’asse e le dimensioni trasversali. Essa presenta inoltre un corpo longitudinale con cinque colonne con grandi capitelli corinzi e un pilastro polistilo all’incrocio con un ampio transetto sporgente e absidato, sul lato destro. Occorre far notare che a sinistra, invece, non sono mai state realizzate neanche le fondazioni del colonnato settentrionale.
Si può ammirare poi un coro molto profondo, circondato da un deambulatorio con cappelle radiali. Proprio in corrispondenza dell’attacco del transetto si può notare che sono inserite due torrette scalari. Non è stata mai realizzata la copertura.
LA CATTEDRALE DI SANT’ANDREA APOSTOLO
Come il castello, è stata commissionata dal duca Pirro del Balzo (1470) e sorge sull’antica chiesa greca di S.Basilio, nel cuore della città.
Ultimata nel 1502, ma consacrata solo nel 1531, la cattedrale di Venosa presenta una facciata in pietra con un bel portale d’ingresso del 1512, realizzato dal maestro Cola di Conza. Interessante anche l’alto campanile che si sviluppa su due ordini e culmina in una cuspide piramidale. All’interno il duomo è a croce egizia su tre navate, con archi ogivali e un imponente arco trionfale.
Le navate centrali sono occupate da numerose cappelle, tra le quali spicca quella del “Sacramento” (1520) ornata da un arco costellato da putti, candelabri e festoni, e con un notevole portale che si apre a destra del presbiterio. Nella stessa cappella, molto bello, sull’altare, è il dipinto di Francesco Solimena raffigurante l’Assunzione della Vergine.
Tutti pregevoli sono i dipinti custoditi all’interno della cattedrale: sull’altare maggiore, si può ammirare la Madonna dell’Idria (XIII sec.), mentre nella navata sinistra, molto bello è l’affresco attribuito a Simone da Firenze, raffigurante l’”Adorazione dei Magi” (seconda metà del XVI sec.). Nella cripta merita una visita la tomba di Maria Donata Orsini, moglie di Pirro del Balzo.
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